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cose mentali

~ del perché i pensieri si muovono dentro di me

cose mentali

Archivi Mensili: ottobre 2019

la mattina presto.

30 mercoledì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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alba, amore, bimbo, dormire, estate, felciità, figlio, riccioli, ricordi, sognare, tramonto

C’è un momento, alla mattina, quando il sole non è ancora sorto che succede qualcosa di magico.
Mi piace alzarmi presto, fare in silenzio e non svegliarti.
Mi piace rimanere a guardarti, appoggiato allo stipite della porta, da innamorato.
Mi piace guardare i tuoi capelli neri sparsi sul cuscino, lisci e lucenti come una stoffa pregiata.
Mi piace guardare come le collane di pietre dure ti stiano così bene anche quando dormi.
Mi piace guardare le tue lunghe ciglia.
Sospiro. Innamorato.

Poi un rumore mi distrae.
Un richiamo vicino nelle luci dell’alba.
Entro in camera.
Le sue manine cicciotte si muovono seguendo il movimento della giostrina sopra il letto.
Lo guardo senza farmi vedere.
Gli occhioni scuri e grandi seguono le farfalle di legno colorate, le guarda e sorride.
I ricci neri li ha presi da te.
Le labbra sembrano fatte con lo stampino dalle tue.
Siete così uguali.
Mi sporgo sul letto.
Mi vede e sorride.

Il cuore si scioglie.
Come si è sciolto il giorno che mi hai detto che eri incinta.
Era un bel giorno d’estate, ricordo ancora il vento caldo che ti muoveva il vestito corto.
Eravamo andati a farci un giro in passeggiata, camminavamo piano tenendoci per mano, non faceva troppo caldo per essere fine luglio.
Il sole stava scendendo dietro le colline, sul mare, era tutto rosso e viola.
Ci fermammo a un bar.
– ti va un aperitivo? – dicesti.
– certo, molto volentieri –
Sorridesti quando ci sedemmo.
– che prendi? – mi chiedesti.
– uno spritz o una birra, non so, tu? –
– ah, non lo so decido quando arriva la cameriera –
Dopo qualche minuto arrivò una ragazza a prendere l’ordinazione.
– ciao ragazzi, sapete già cosa volete prendere? –
– io uno sprizt – risposi.
– io un analcolico dolce –
– ok, arrivano subito, vi porto anche qualcosa da mangiare –
– grazie – rispondesti, io avevo la bocca aperta e un’espressione da idiota dipinta sul viso.
– che c’è? –
– hai preso un analcolico… ti senti bene? –
– benissimo… –
– ma? –
– non posso bere alcolici… –
– ah… –
Ricordo che mi sentii un idiota.
Più del solito invero.
Ti guardai e avevi un’espressione così compiaciuta della mia idiozia che capii.
Sentii un grande calore prendermi il petto.
Sentii le guance arrossarsi e gli occhi riempirsi di lacrime.
Dopo, a casa, mi confessasti che avevi avuto paura che mi scoppiasse il cuore.
– oddio – dissi solamente.
– sì – e i tuoi occhi enormi e luccicanti fecero il resto.
La testa girava.
Mi sarei messo a ballare sul tavolo dalla gioia.
Avrei voluto immortalarti in una foto, ma quell’attimo è ancora dentro il mio cuore e mai se ne andrà.

E adesso che lo prendo in braccio, mi vengono le lacrime agli occhi.
Lacrime di gioia.
Lo bacio sulla fronte.
Sugli occhi e sugli zigomi.
Sento il profumo che ha, di dolcezza e amore.
Lo stringo piano a me e lui si appoggia alla mia spalla e mi stringe il collo con una mano piccola e cicciosa.
Il cuore fa un balzo.
Ho perso il conto di quanti balzi ha fatto da quando ti conosco.

Torno in camera nostra, tu dormi ancora così bene che non desidero svegliarti e così lo sistemo accanto a te.
A quel punto perde interesse per me.
Ti guarda coi suoi occhi scuri e curiosi.
Si gira.
Prende le misure.
E poi si avvicina con le mani protese.
Tu non apri gli occhi.
Aspetti con il sorriso sulle labbra che le sue mani ti tocchino il viso, le guance e le labbra.
Gli piace giocare con la tua bocca e tu la apri e fai finta di mordergli le ditina e lui ride.
Esplode in una risata che ha preso da te.
E quando spalanchi gli occhi e vi guardate lui emette un versetto dolce, come un gattino che fa le fusa.
Gli accarezzi i riccioli che ricadono sulla fronte, gli accarezzi le guance e gli zigomi, gli tieni le mani e gliele baci.
E lui si fa vicino, ancora di più, cerca il tuo seno, il tuo calore, il tuo profumo.
Tu lo abbracci mentre si stringe al tuo seno, affamato.
Mi guardi e sorridi.
Sussurri un ti amo che mi fa bene al cuore.
– vi amo – rispondo guardandovi dal fondo del letto.
Vi amo, penso, mentre gli baci la testa profumata e gli accarezzi la schiena con delicatezza.
Vi amo, penso, mentre mi siedo accanto a te e ti accarezzo i capelli e la schiena a mia volta.
Ti bacio il collo e da lì ho una visuale privilegiata su nostro figlio.
E, dio, quanto sono fortunato.
Vi amo.

il superpotere.

29 martedì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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amore, cibo, colazione, mangiare, mare, me, poteri, spaghetti, super poteri, supereroe, superpotere, te

Fin dai primi giorni mi sarei dovuto accorgere che possedevi un superpotere.
Uno di quelli fighi, mica come quelli dei supereroi dei fumetti.

No.

Uno delle prime manifestazioni di questo potere si manifestò quando ti portai a fare colazione in quel bar sul mare.
Quello che ci piace tanto e che ancora adesso frequentiamo.

– ci sediamo? – chiedi tu togliendoti gli occhiali da sole.
– certo –
Dopo qualche minuto arriva una signora simpatica e sorridente.
– buongiorno cosa vi posso portare? –
– buongiorno – rispondiamo in coro; è una cosa che ci capita ancora, dire le cose assieme o completarci le frasi.
– io prendo un caffè e una brioche con la crema – dico.
– che brioche avete? – domandi.
– fagottino di mele, veneziana, brioche con la crema, con la marmellata di albicocche o di frutti di bosco e cioccolato –
Fai l’espressione pensierosa poi decidi per il fagottino di mele.
E non perchè è il primo che ti ha detto.
– speriamo sia buono – dici poi a me sottovoce.
– speriamo –

Poco dopo torna la signora coi caffè e le brioches.
Manco a dirlo la tua è super buona, come dici tu.
– mamma mia quanto è buona – mi dici soddisfatta – assaggia – mi porgi il fagottino di mele e non posso fare altro che constatarne la bontà.
– buonissima – dico togliendomi dalle labbra lo zucchero a velo.
– e anche il caffè sembra buono – dici tu mentre io ho praticamente finito la mia brioche.
– avevo fame – mi scuso girando il cucchiaino nella tazzina.
– bravo –

Ma questo superpotere non si limitava alla brioches della colazione.
Figuratevi.
Si espandeva fino ai limiti dell’universo conosciuto e non.
Manco fosse stata una missione quinquennale dell’Enterprise del Capitano Kirk.
Andavamo al ristorante? Uno in cui non eravamo mai stati e di cui non conoscevamo nemmeno il menù, ma dei cari amici ci avevano detto che era un buon posto dove mangiare?
Ecco, la scena era questa: aprivi il menù, mi guardavi, poi guardavi la lista dei piatti e decidevi così, d’istinto.
E bam.
Perfetto. Il piatto migliore della serata.
Non ci sarebbe stato nessun problema sennoché io avrei voluto prendere qualcosa d’altro e difficilmente era all’altezza del tuo piatto.
Cioè era sempre buono, ma cavolo non come il tuo.
E a me dispiaceva, non tanto per me stesso, quanto per dividerlo con te.
Mi sentivo in colpa, ecco.

Però ci sono stati anche dei casi in cui il tuo potere mi ha influenzato e, contavvendendo alla norma di scegliere un’altra pietanza per poter condividerla, ho scelto il tuo stesso piatto.
Come quella volta che abbiamo mangiato gli spaghetti integrali con i gamberi rosa e scorza di limone e peperoncino e granella di pistacchi.
Non fosse stata per la pioggia che ci ha sorpresi a fine pasto sarebbe stato tutto perfetto: eravamo in riva al mare, abbiamo bevuto un ottimo vino bianco e il piatto era eccezionale.
Ma in fin dei conti la pioggia è sempre stata presente nella nostra storia, così come il mare.

– ho un superpotere – dici una mattina seduta al tavolino di un bar che non conosciamo.
– davvero? –
– certo, ti faccio vedere, tu chiedi che cosa hanno come brioches, per favore –
– ok –
Arriva la cameriera e le chiedo cosa hanno come brioches.
Fa un lungo elenco, io mi sono perso al secondo tipo di farcitura.
– io prendo la girella con la crema e l’uvetta –
Ti guardo, farei la stessa scelta, ma propendo per una brioche con il cioccolato.
Poi mi guardi con aria di sfida.
– scomettiamo? –
– che vinci tu? –
– giù –
Arrivano i caffè assieme al mangiare.
Inutile dire che la tua girella è super buona.
– hai davvero un superpotere – confermo.
– visto? – ribatti facendo il suono con le labbra che mi piace tanto.
– e comunque avrei dovuto capirlo sin da subito… – dico io bevendo il caffè.
– ah sì? –
– quando hai scelto me –

Mi guardi, raffreddi il caffè soffiandoci sopra e poi sorridi.

– vero –

la Carbonara.

28 lunedì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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amore, carbonara, cibo, cottura al dente, cucinare, fare l'amore, grana, grano duro, guanciale, mezze maniche, pasta, pecorino, sesso

Non si può dire che io sia goloso, o meglio lo sono, ma di certo non sono uno che mangia molto.
Anzi ultimamente mangio poco, il giusto, anche se molte persone a me vicine si preoccupano per la mia salute.

Ma a tutto questo dedicherò un post, prima o poi.

Fatto sta che un pomeriggio mi dici.
– ti fa se faccio la carbonara a cena? – la tua sicurezza in cucina l’avevo già colta nei primi giorni della nostra relazione, riuscivi a preparare ottimi piatti con poco o niente.
Ma questa volta la tua risolutezza andava oltre.
– certo – risposi subito.
– molto bene – e sfoderasti uno dei tuoi sorrisi migliori seguito dal morso del labbro inferiore, che mi fece girare la testa.

Uscimmo a fare la spesa sotto casa, c’era una macelleria in stile retrò dove comprasti un guanciale che si scioglieva in bocca.

Il macellaio aveva un debole per te e chi regalava sempre degli ottimi bocconcini.

Poi le uova, rigorosamente fresche e da galline allevate a terra, ruspanti. Il pepe da macinare lo avevamo già così come il grana stagionato 30 mesi e un ottimo pecorino romano.
Mancava solo la pasta: mezze maniche rigate di grano duro italiano.

Prendemmo anche del buon vino rosso, siciliano.

In casa poi, mentre tu preparavi il tutto, io misi su un tagliere del grana a pezzi, un po’ di prosciutto crudo a pezzi e una coppetta di aceto balsamico dove intingere il formaggio.
E un calice di vino.

– bravo amore mio – mi dicesti dandomi un bacio.
– grazie – ti imboccai con sensualità e tu mi seguisti mordendomi le dita, fermai l’aceto che colava sul tuo mento con il pollice e lo succhiai.
– se continui così non ceniamo amore… –
– ti preparo per il dopo cena – ti provocai cingendoti i fianchi.
– mi pare un’ottima idea –

Poi mi allontanasti con entrambe le mani.
– ora si cucina –
– agli ordini capo –

Dopo aver acceso la padella metti a cuocere il guanciale facendolo sfrigolare, sì sprigiona un profumo di pepe e carne che ti fa stare meglio.
Nel frattempo l’acqua inizia a bollire piano piano, prepari quindi le uova in una ciotola a cui aggiungi il pepe macinato fresco e poi il grana e il pecorino, fino a ottenere una crema densa.

Io osservo tutto con piacere estremo, pregustandomi i sapori che a breve proverò.

Quando il guanciale si è ritirato e fatto croccante ne filtri l’olio che mi chiedi di far raffreddare.
Mi ci metto di impegno facendo roteare l’olio profumato e bollente mentre ci soffio sopra

Assaggi tutto, controlli il sale più volte durante la ricetta.
Cali la pasta e poi bevi un sorso di vino.
– si fa sentire questo vino… –
– nero d’Avola –
– ci sta con la carbonara… forse un po’ pesante per la sera… –
– poi smaltiamo –
– che sfacciataggine –

Ridiamo assieme poi controlli che l’olio sia freddo e lo aggiungi alla crema di uovo, formaggio e pepe.
Il profumo che ne viene fuori è unico.
Controllo della cottura della pasta: rigorosamente al dente.
Scoli la pasta in padella assieme al guanciale e la fai saltare perché si insaporisca, poi a fuoco spento aggiungi la crema ed è tutto perfetto.

Andiamo a tavola e ti seguo come un cagnolino.
Tu servi la pasta nei piatti e poi ci sediamo.
Mi guardi mentre ne prendo una forchettata.
La metto in bocca ed esplodono i sapori; si sentono tutti, separati e allo stesso tempo legati.
La croccantezza del guanciale che fa da contrasto alla cremosità dell’uovo, perfetto, e poi la pasta cotta alla perfezione.

– mio dio quanto è buona – ti dico leccando la forchetta.
– mi fa piacere amore, me ne ero già accorta quando ti ho visto mangiare con gli occhi chiusi, lo fai sempre quando qualcosa ti piace particolarmente –
– è tutto perfetto, dal singolo ingrediente all’insieme dei sapori –
La assaggi anche tu.
– in effetti in ogni boccone si sente il tutto… sono stata brava? – mi chiedi sorridendo.
– assolutamente –
– merito un bacino? –
– molto di più… –
– ah sì? –
– vedrai… –
– non vedo l’ora… –

come un rosario.

25 venerdì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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adorare, amare, baciare, colonna vertebrale, corpo, dormire, intrecciarsi, labbra, lacrime, mani, piedi, rosario, schiena, scrocchiare, vertebre

So che non centra nulla il rosario con quello che sto per scrivere, ma è stata la prima sensazione che ho provato quando hai fatto scrocchiare la tua colonna vertebrale.
– sembra tu abbia sgranato un rosario – dico rimanendo a bocca aperta.
Mi guardi e sorridi.
– addirittura? –
– mi ha ricordato questa cosa, non so perchè – rispondo facendo un’espressione pensierosa.
– non credo che un rosario sgranato faccia questo rumore, ma mi piace come associazione di idee – continui tu.
Sorrido.
Ti giri e ripeti l’operazione facendo lo stesso rumore.
– wow – esclamo.
– che meraviglia – dici tu soddisfatta.

Mi abbracci e passo le mani sulla tua schiena.
– mi piace quando lo fai – mi dici stirandoti e inarcando la schiena – adoro le tue mani sul mio corpo –
– e io adoro il tuo corpo –
– meno male – ridi tu abbracciandomi.

Da quel giorno ogni volta che sistemi la tua schiena io ripenso a quel pomeriggio d’estate di 10 anni prima quando sgranasti la tua colonna vertebrale.
Ancora adesso che lo fai io rimango sempre incantato.
Adoro il rumore delle tue ossa quando scoppiettano, certo la motivazione scientifica non è così “romantica”:

la teoria più accreditata, per la quale esistono alcune prove empiriche, è quella della cavitazione del liquido sinoviale che agisce da lubrificante articolare: durante lo scrocchiamento, la forza che viene applicata separa le superfici articolari di un giunto sinoviale completamente incapsulato e questo a sua volta determina una riduzione di pressione entro la cavità articolare; in questo ambiente a bassa pressione, alcuni dei gas che sono naturalmente disciolti nel liquido sinoviale escono dalla soluzione creando una bolla o cavità che collassa rapidamente su sé stessa, producendo un “clic”.

Sì, è decisamente meno romantica.

Mi piace pensare alle tue vertebre come tante perle unite da un filo resistente e ogni tanto, quando ti senti stanca, le torci una contro l’altra producendo quel suono così piacevole per entrambi.
E poi penso sempre alle nostre colonne vertebrali che si uniscono nel sonno, le nostre ossa trovano la giusta collocazione una contro l’altra, alternate e ci tengono incastrati per non farci perdere nel sonno.
Quando non possiamo stare assieme nel mondo reale ci legano in quello onirico, ci tengono ancorati alla realtà.
Ci riportano a galla se andiamo troppo a fondo o ci portano a riva se andiamo troppo lontani.
E quando ci svegliamo sappiamo che l’altro è lì, per noi.
Non ci abbandoniamo mai.
Così quando ti svegli sai che se allunghi una mano mi trovi, sempre qui, al tuo fianco, ogni notte che abbiamo davanti.
Io sarò qui a tenerti la mano, a sentire le tue ossa incastrarsi con le mie fino quasi a fondersi e farci più forti.
Ti sveglierai e mi troverai accanto.
Mi chiamerai e ci sarò.
Mi sveglierò e ti terrò la mano nei momenti difficili, ti farò addormentare tenendoti la testa sul petto.
Ti stringerò fino a quando mi dirai che ti faccio male con le mie ossa pizzute e ti stringerò ancora un pochettino, ma meno forte.
Ti bacerò gli occhi per asciugare le lacrime.
Ti bacerò le labbra per ridarti fiato dopo un brutto sogno.
Ti bacerò le mani per farti sentire che sono qui.

E quando mi sveglierò tu sarai qui.
Non andrai via.
Resterai ancorata a me.
Nella notte.
Nei sogni e nella luce dell’alba che ci sorprende legati assieme.

la costante della notte.

24 giovedì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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costante, cuore, dormire, magro, scheletrino, sognare, sveglia

Esiste una costante nella notte.
O meglio, esiste da quando dormiamo assieme.
Mi sveglio.
A un’ora non precisata della notte apro gli occhi e mi chiedo dove io sia.
E’ solo un attimo, ma un brivido mi percorre la schiena e rimango un secondo stordita.
Poi ritrovo gli elementi rassicuranti di camera nostra.
La finestra che da sul balcone, l’abatjour sul comodino, e le cornici con le tue foto alla parete.
E poi sento te che respiri accanto a me.
Hai la schiena appoggiata alla mia, direi quasi che la spingi contro di me fino a far combaciare le vertebre una con l’altra.
Mi fa sentire sicura.
Mi fa sentire amata.
Mi fa sentire bene.

Mi piace, a questo punto, restare sveglia un poco per sentire il tuo respiro, i tuoi piccoli movimenti nel sonno.
Sentire il tuo corpo così leggero e ossuto di giorno farsi pesante di notte.
Muovo un po’ le spalle come per accoccolarmi meglio.
Tu fai un poco di resistenza, insisto ma senza svegliarti.
Adoro sentirti dormire accanto a me.
E così mi fermo, smetto per un attimo di respirare per sentire il tuo fiato che riempie la nostra stanza.
Poi riprendo seguendo il tuo ritmo e mi sembra quasi che siamo diventati un corpo solo, un po’ asimmetrico, che respira e riposa.
E sto ferma ferma.

Respiro e basta.
Poi, poi mi prende una malinconia e una tenerezza, tutto d’improvviso, che quasi mi metto a piangere.
Mi giro e ti avvolgo con il mio braccio sinistro, lego le mie gambe alle tue e passo infine il braccio destro sotto il cuscino e ti prendo il petto, incrocio le braccia su di te e mi stringo a te come un koala.

Come se fossi la mia ancora di salvezza verso il giorno che arriva.
E così chiudo gli occhi e piazzo il naso dietro l’orecchio e mi perdo nel profumo che c’era a casa tua quando facevamo l’amore.
Desidero che quel profumo mi resti in testa, come un mantra, per tutta la notte.
Che mi accompagni fino al sorgere del sole, ma piano piano mi addormento e l’ultimo pensiero prima di crollare va al tuo cuore che sento pulsare sotto le mie mani.

Quel cuore così meraviglioso e unico che fa sobbalzare il mio quando mi guardi con i tuoi occhi pieni d’amore.

Vorrei essere piccola piccola per mettermi in mezzo al tuo petto, aggrappata ai tuoi peli scuri e immersa nel tuo profumo per farmi coccolare e cullare fino a riaddormentarmi.
Chiudo gli occhi, quindi, con il tuo cuore tra le mani.

Mi hai sempre detto che è mio.
La notte lo sento ancora di più.
Mio scheletrino addormentato.

il pigiama.

23 mercoledì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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dicembre, dormire, estate, fare l'amore, inverno, letto, notte, pigiama

C’è una cosa che hai sempre detestato: i pigiami.
E li detestavi in me, quando dormivi da me mi prendevi sempre in giro perchè giravo in pigiama per casa.
Ma a me piaceva essere preso in giro da te.
Era una cosa intima.
E quindi smisi di mettermi i pigiami quando dormivamo assieme.
Di solito usavo i boxer e una maglietta, in inverno, mentre d’estate mettevo solo i boxer o addirittura nulla.

C’è una cosa che accomuna tutte le notti con te.
A parte fare l’amore.
Dormire pelle a pelle.
Schiena contro schiena.
Una delle cose che amo di più al mondo.
Sentire la tua schiena, la tua colonna vertebrale che si aggancia perfettamente con la mia.
C’è tutto un rito.

Ci diamo il bacio della buonanotte con una carezza sul viso, poi tu ti giri e io ti abbraccio e tu stringi il mio braccio così forte che non riesco a muovermi.
E’ impossibile farlo.
Mi tieni stretto stretto.
E io appoggio il viso contro la tua schiena curva, appoggio la fronte proprio sulla tua nuca.
E sento il profumo dei tuoi capelli
E ci addormentiamo così.
Poi mi sveglio, non so mai bene quando, sfilo a fatica il braccio che tieni ancora stretto e mi giro.
Ti do la schiena ed è a quel punto che succede la meraviglia: ogni tua singola vertebra si incastra con una delle mie.
Sorrido e poi succede che i nostri piedi si intrecciano e rimangono così tutta la notte, come se fossero le nostre mani mentre camminiamo per la città.

Mi piace sentire la tua pelle a contatto con la mia, così calda, liscia, morbida e soda.
Amo il profumo che lascia sulle lenzuola.
Amo il calore che spandi nel letto.
Amo la presenza del tuo corpo accanto al mio. Alle volte inamovibile mentre mi spingi quasi sul bordo del letto.
E così io rimango aggrappato a te, come un naufrago al suo salvagente.
E quante volte, nella notte, il tuo corpo mi ha salvato dalla solitudine e dalla malinconia.

E poi una sera di dicembre entro in camera e tu ti stai infilando un paio di pantaloni di un pigiama.
Non una tuta, sia ben chiaro, ma proprio un pigiama.

– ma quelli? – dico sorpreso ma anche decisamente divertito.
– cosa? –
– quelli, che sono? –
– sono i pantaloni di una tuta – rispondi tu infilandoli e sistemandoti la maglietta.
– uhm non mi pare mica –
– dici? –
– certo – mi avvicino – ti vorrei ricordare che sono un esperto di pigiami –
– ah sì? – fai tu buttandoti a letto.
– certo, ho un master in pigiami e pantofole –
– oddio non farmici pensare – e scoppi in una delle tue meravigliose risate che mi tirano su il cuore.
Quanto ti amo quando ridi così.
– e quindi è davvero un pigiama, professore? – mi prendi in giro tu tirando su le ginocchia al seno.
– credo proprio di sì – rispondo inginocchiandomi davanti a te – ma dovrei analizzare più da vicino il tessuto –
– ah sì? –
E sorridi.
Allunghi le gambe e ti accarezzo la pelle scoperta delle caviglie e poi salgo su verso i fianchi.
– uhmm – faccio accarezzando il tessuto morbido dei pantaloni.
– quindi? il responso qual è? –
– mi duole dirlo, ma invero è un pigiama –
– ahhhh – fai tu coprendoti la bocca con la mano.
– mi spiace – rispondo con voce greve.
– e si può fare qualcosa? –
Scrollo la testa.
– la prego, dottore… –
– ebbene una soluzione ci sarebbe… –
– sono disposta a fare qualsiasi cosa… –
– si spogli… –
– com’è audace… –
Ti guardo con desiderio e tu sorridi e ti mordi il labbro, poi ti sfili il pigiama rimanendo con addosso solo la maglietta.
– devo togliere anche questa? –
– uhm no – rispondo spogliandomi – quella non è un pigiama –

E ridiamo mentre ci abbracciamo e ci baciamo.
E ridiamo mentre facciamo l’amore.
E ridiamo, contenti.

dove sei?

20 domenica Ott 2019

Posted by emanuele in me

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abbracci, amarsi, aspettarsi, canzoni, cd, coccole, cuscino, distanza, dormire, incubo, libri, musica, notte, viaggiare, viaggio

mi scrivi nel cuore della notte.
– dove sei? –
guardo il cellulare con gli occhi semichiusi.
mi guardo in giro, sono in albergo.
– in albergo –
– ho fatto un sogno terribile – scrivi subito.
ti immagino con le dita tremanti e il respiro affannato.
– un paio d’ore e sono da te –
– che ore sono? –
– l’una e mezza –
mi sono svegliato del tutto.
sono già seduto sul letto con la mano sulla fronte, preoccupato.
– mi manca il fiato – scrivi ancora.
mi alzo e mi vesto, butto tutto in valigia.
– cerca di respirare con calma, inspira con il naso ed espira con la bocca, io mi sto vestendo –
visualizzi ma non rispondi.
potresti esserti riaddormentata, ti capita quando stai così male.
sarei partito alle 8, anticipo solo la partenza.
controllo di aver presto tutto e scendo le scale.
– manchi terribilmente – scrivi.
– sto uscendo, appena sono in macchina ti chiamo –
lascio la chiave alla reception.
– scusate, ma devo partire prima, un’emergenza –
– spero niente di troppo grave –
– lo spero anch’io –
saluto ed esco.
l’aria è fredda, sembra debba nevicare da un momento all’altro.
salgo in macchina e accendo il riscaldamento.
ti chiamo.
– pronto? – la tua voce è flebile, lontana.
– pronto – rispondo allacciandomi la cintura.
– non riesco a respirare bene – mi dici in un sussurro – ho fatto un sogno terribile, in cui tu non c’eri più, ma nel senso che non c’eri mai stato, e io lo sapevo che ci saresti dovuto essere, che saresti dovuto essere con me –
– amore mio –
mi si stringe il cuore e un nodo mi serra la gola.
il magone fa lucciare gli occhi.
– arrivo –
– era così vivido – dici ancora – io ero più grande, e mi accorgevo che mi mancava qualcosa, non c’erano più le nostre foto, non c’erano più i nostri regali, i nostri libri, le nostre cose, eppure sapevo che sarebbero dovute essere lì –
– che incubo terribile, ma io ci sono, non sono sparito –
– lo so amore mio, ma svegliarsi e non averti accanto è stato ancora più angosciante, mi sono sentita mancare, mi è letteralmente mancata la terra di sotto, mi è parso di sprofondare in un lago nero, denso, umido –
– arrivo, faccio prima che posso –
ti sento respirare.
– non correre, ti prego –
– no, giusto, ma faccio prima che posso lo stesso –
– non sentire il tuo corpo accanto al mio mi ha fatto battere il cuore all’impazzata, ti ho cercato sotto le coperte, nemmeno fossi diventato piccolo come un gattino, mi sono alzata barcollando e ti ho cercato in cucina, poi in bagno e perfino sul balcone –
– hei –
– poi ho pensato che fossi uscito a prendere qualcosa, una medicina, del cibo o qualcosa in macchina –
– o le sigarette – sdrammatizzo.
– giusto – ti sento ridere un poco – poi sono tornata a letto, avevo freddo, un freddo dentro, mi sono avvolta nel tuo maglione da casa, ho acceso tutte le luci e ho iniziato a camminare per casa come uno zombie –
– da quanto eri sveglia quando mi hai scritto? –
– da un’ora – rispondi – pensavo di impazzire –
– sto prendendo adesso l’autostrada, meno di due ore e ci sono –
– vai piano – sussurri tu, la tua voce sta tornando normale – non voglio perderti –
– non ti preoccupare, non ci penso nemmeno –
– e poi ho fumato due o tre sigarette di fila in piedi, appoggiata alla libreria, il tempo si dilatava, così ho iniziato a cercare i libri che mi avevi regalato e ogni volta che ne trovavo uno stavo meglio, guardavo le nostre foto apparire sui muri di casa e tra i libri e i cd –
mi sento un poco meglio, ma aumento lo stesso l’andatura.
– ma l’ansia non mi abbandonava – prendi fiato – sentivo un peso sul petto che mi tirava giù, mi stavo per strappare i capelli se non avessi trovato la scatola con tutte le tue lettere –
– sei riuscita a prenderla nonostante fosse in alto sulla libreria? – ti prendo in giro, è una mossa azzardata, ma voglio farti ridere.
– ah, certo – rispondi piccata tu – sono una donna piena di risorse io –
– e non sei caduta dai tre scalini… – azzardo ancora.
– ahhhh ma come ti permetti! – alzi il tono tu in maniera scherzosa – vogliamo parlare dell’ultima nostra passeggiata in centro con la tua meravigliosa scivolata sugli scalini di Piazza de Ferrari? –
– touché – rispondo divertito.
– lo ricordo come se fosse ieri –
– anche il mio polso se lo ricorda bene –
– giuro che stavo per ridere, ma mi sono trattenuta finchè non ho visto che eri tutto intero –
– e poi sei scoppiata a ridere –
– e certo! – esclami – come avrei potuto non ridere di un episodio così buffo? senza contare che tra i due quella goffa sono io – e ti vedo che puntualizzi la cosa facendo una delle tue bellissime facce buffe.
– già, tutto questo è incredibile – rido io stavolta.
– comunque poi l’ansia mi è passata, ma tant’è il sogno aveva lasciato segni tangibili dentro di me, sentivo sempre un’angoscia graffiante dentro, e le lettere avevano aumentato la malinconia di non averti accanto –
– ma piccola mia… –
– e non riuscivo a ricordare dove fossi, quello che mi stava mandando al manicomio, poi ho guardato il cellulare e ho visto il tuo ultimo messaggio della buonanotte dalla camera d’albergo di Torino –
– meno male che abbiamo l’abitudine di mandarci la foto della buonanotte –
– tzè se non te l’avessi data io questa abitudine… –
– se non ci fossi tu –
– stanotte è meglio non dirlo –
– già –
ti sento respirare più tranquilla.
– ora dove sei? –
– boh, comunque manca circa un’ora e dieci –
– non è che stai correndo? –
– ma va – faccio il vago – e poi non c’è nessuno a quest’ora, la strada è libera –
– mmm – non sei molto convinta.
– e poi mi hai scritto? –
– no, non subito, sono andata a lavarmi la faccia, avevo gli occhi rossi e gonfi, in tutto questo avevo anche pianto –
– ma, appena arrivo ti coccolo –
– davvero? –
– davvero davvero –
– e mi abbracci fortissimo? –
– non ti lascio per tutta la notte e tutto il giorno –
– arriva presto – dici – ti prego – aggiungi poi in un sussurro.
– prima possibile –
– ora provo a mettermi a letto, lascio le luci accese, ok? –
– certo, allora la bolletta della luce il prossimo mese la paghi tu –
– ahhh che coglione! – mi dici seria.
– ma! –
– il mio coglione preferito però –
– meno male –
e ridiamo assieme.
ora sto un poco meglio.
– vai a nanna, io mi fermo a prendere un caffè tra non molto e poi arrivo –
– ok patato –
– se hai bisogno scrivi –
– anche tu –
chiudo la chiamata con un sospiro di sollievo, sentirti così angosciata e sapermi lontano da te mi ha stretto il cuore e mi ha fatto venire il magone.
metto su un po’ di musica, la tua playlist che mi hai fatto per viaggiare e ti sento più vicina.
dopo 40 minuti mi fermo a prendere un caffè.
ti scrivo mandandoti una foto della tazzina.
e della bustina di zucchero non piegata come facevo di solito.
– bravo patato – rispondi mentre sto per risalire in macchina.
– mezz’ora e sono a casa – rispondo.
– non vedo l’ora.. se mi trovi addormentata baciami sulla fronte e stringimi forte con le tue braccia magre magre –
– certo amore mio –
riparto e la mezz’ora vola, parcheggio sotto casa.
non prendo nemmeno la valigia e salgo i gradini a due a due.
apro piano la porta, ci sono tutte le luci accese.
mi si stringe il cuore ancora.
le spengo una a una fino ad arrivare in camera.
mi affaccio e dormi con il viso sul tuo cuscino e tra le braccia il mio.
mi spoglio, spengo la luce e mi infilo sotto le coperte, sei bollente, forse hai anche la febbre dovuta all’incubo.
ti bacio la fronte scostandoti i capelli neri lucenti e profumati.
quanto mi sono mancati in questi tre giorni.
li accarezzo piano, non voglio svegliarti.
mentre ti abbraccio ti accoccoli su di me.
la luce di fuori ci illumina.
– hei – sussurri tu mettendo la tua guancia sulla mia.
– hei amore, dormi –
– no, non voglio dormire stanotte – mi dici girandoti.
– come mai? –
– mi sei mancato troppo –
– anche tu –
– è come se fossi stato via un mese, lo sai, vero? –
– lo so –
– e allora adesso facciamo l’amore, amami e dimmi che sei pazzo di me –
– è vero amore mio, sono innamorato perdutamente di te –
– però ci siamo trovati e non ci lasceremo, vero? –
– vero –
ti bacio, le tue labbra sono salate di lacrime, voglio respirare il tuo fiato, bere la tua saliva e assaggiare il tuo sapore.
– mio dio quanto mi sono mancati i tuoi baci – mi dici spogliandoti – via il pigiama scheletrino – mi dici sfilando i pantaloncini e la maglietta.-
infili la testa tra la mia spalla e il collo.
– proprio qua c’è l’odore delle prime volte che facevamo l’amore a casa tua – mi dici facendomi mancare il fiato.
– ti desidero – ti dico prendendoti i seni tra le mani.
– anch’io –

facciamo l’amore quasi in silenzio, poi piano piano le parole vengono fuori da sole e ci diciamo quello che non ci siamo detti in tre giorni.
– quanto mi sei mancato – mi dici graffiandomi la schiena.
– madonna mia quanto sei mancata anche tu – ribatto affondando i denti nel collo.
fare l’amore con te è una della cose più belle che mi siano mai capitate in tutta la mia vita.

– domattina sarai qua? –
– certo amore, tutte le mattine –
– ti amo –
– ti amo –
poi dopo sono solo sospiri e carezze e brividi.

Stelle Marine.

19 sabato Ott 2019

Posted by emanuele in me

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Tag

figli, kobane, lampedusa, le luci della centrale elettrica, migranti, padri, persone, stelle marine, vasco brondi, video, youtube

Ho sentito la tua voce in una conchiglia
L’acqua si impara dalla sete
La terra dagli oceani attraversati
La pace dai racconti di battaglia

In questa città tutto è illuminato
E fuori dalla stazione danze tribali, esplosioni
Cartoline, un bambino appena nato
Le sue mani sembrano stelle marine
Sembrano stelle marine
Sembrano stelle marine

Quando ho ascoltato la prima volta questa canzone, credo più o meno un mese fa, mi sono innamorato subito del testo. E della voce di Vasco Brondi.
Mi ha ricordato un’altra canzone, stavolta dei Modena City Ramblers: Ebano.

L’ho riascoltata subito almeno tre volte.
Volevo che il testo mi entrasse in testa, che mi passasse attraverso la pelle fino a raggiungere il cuore.
Perchè l’ho sentito subito che sarebbe dovuta finire lì. E in nessun altro posto.
Appena arrivato a casa ho cercato il testo e me la sono riascoltata ancora e ancora e ancora.
Anche adesso che scrivo la sto ascoltando.
Voglio che diventi la canzone del momento.
Dopo quello che è accaduto a Lampedusa non posso fare a meno di togliermi dalla testa questa parole: “un bambino appena nato
Le sue mani sembrano stelle marine
”
Mi chiedo dove sia andata la nostra umanità, dove si sia persa in tutto questo parlare sulle reti sociali, in tutto questo urlarsi addosso e vomitarsi parole cattive e senza senso.
Mi chiedo dove l’uomo si sia andato a nascondere.
Dove è finita la compassione? Davvero.

E così, mentre questa canzone mi girava nella testa e nel cuore, succedeva che il 7 ottobre al largo di Lampedusa un barchino affondava e tra quei 12 corpi, quelle 12 persone, c’erano una donna che teneva stretto tra le braccia il suo bambino.
E il cuore si stringe. Non può farne a meno.
Come si fa a non commuoversi?
Come si fa a non pensare ai propri figli al sicuro nel loro letto?
Come si fa a non ringraziare di essere nati dalla parte giusta del Mondo?
Come si fa a non fermarsi prima di scrivere cose abominevoli sulla propria rete sociale?

Che fine ha fatto la misericordia? Eleos in greco.
Ci siamo già persi in un mondo che ci vede distaccati e freddi, attaccati ai propri interessi e ciechi difronte alla sfortune altrui.

Leggetevi l’intervista del Capitano Rodolfo Raiteri, che coordina le operazioni di recupero dei 12 corpi affondati assieme al barchino che avrebbe dovuto portarli in una terra, l’Europa, dove sarebbero stati meglio, dove sarebbero stati al sicuro.

Perchè è la solita storia che si ripete.
Come quando è morto Aylan Kurdi, il bimbo curdo che scappava assieme al padre e a suo fratello più grande da Kobane e tutti a vomitare le solite parole: se non partivano non sarebbero morti, un padre non mette a repentaglio la vita dei propri figli.
E certo. Un padre lascia morire i propri figli in casa, dove dovrebbero essere al sicuro. Chi non porterebbe, a costo della propria vita, i propri figli verso un futuro migliore? Verso un futuro?
O ancora quando in Messico Oscar Alberto Martinez e sua figlia di soli 23 mesi Angie Valeria sono stati trovati sulla sponda del Rio Grande mentre cercavano di raggiungere un posto migliore per vivere.
Abbracciati, anche loro.

Questi sono i padri che amano i loro figli, che farebbero di tutto per poterli veder crescere in un posto migliore. Dare loro un’opportunità che non avrebbero mai avuto.
E noi, da dietro i nostri monitor, davanti alle nostre tastiere riversiamo parole d’odio sui meno fortunati.
E se oggi sono i migranti (persone come noi) domani saranno i poveri di casa nostra, quelli che non arrivano a fine mese e che sono costretti a chiedere aiuto (se ne hanno la forza) se non costretti a rubare il pane.
Pensiamoci bene, quei poveri di domani potremmo essere noi.
Quando non avremo più nessuno accanto a noi, perchè ci siamo scavati attorno un fossato di odio e indifferenza, saremo quei poveri che odiamo tanto.

E così ascoltando questa canzone non ho potuto fare a meno di immaginare le manine di quel bimbo in fondo al mare come due piccole stelle marine.
E ripensare e ripensare alle parole del ritornello:

“Ho sentito la tua voce in una conchiglia
L’acqua si impara dalla sete
La terra dagli oceani attraversati
La pace dai racconti di battaglia”

Alle volte bisogna davvero far passare le cose sulla nostra pelle per sapere quanto fanno male, quanta disperazione possono procurarci.
Ci vuole l’esperienza dei fatti per sentire le cose dentro. Fino in fondo all’anima.
Ma altre volte basta davvero poco per potersi commuovere, potersi fermare un attimo e riflettere.
Mettersi nei panni di un’altra persona, che potremmo essere noi, non è così difficile.
Dovremmo esercitarci a farlo.
Dovrebbero insegnarlo a scuola.
E fare anche dei corsi sul posto di lavoro.
Dobbiamo immedesimarci nelle persone meno fortunate di noi.
Per capire quanto siamo fortunati.
Per capire quanto possiamo fare per farli stare meglio.
Non è buonismo.
E’ un dato di fatto.
Basta poco per aiutare.
Basta che le coscienze si smuovano. Si commuovano. E si mettano in moto per rendere il mondo un posto migliore. Sì, lo so, sono frasi fatte. Ma davvero basterebbe pensare un attimo cosa faremmo noi in quella situazione e non scriveremmo certe cose da nessuna parte.
Nemmeno su un foglio di carta da bruciare nel camino.

Prendetevi 3 minuti e 28 secondi per ascoltare la canzone de Le luci della centrale elettrica.

Fatelo per voi, fatelo per i vostri figli.
 

il silenzio del mattino.

17 giovedì Ott 2019

Posted by emanuele in +18, me

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amarsi, amore, baci, baciarsi, baciarti, carezze, doccia, fare l'amore, graffi, graffiare, lingua, mattina, mordere, morsi, passione, schiena, VM 18

Mi stiro nel letto, non è suonata ancora la sveglia, ma ho aperto gli occhi e ho guardato fuori dalla finestra: il tempo è grigio.
Proprio l’ideale per starsene sotto le coperte.
Ma tu non ci sei.
Mi giro e guardo il tuo posto vuoto.
C’è silenzio in casa.
Respiro profondamente.
Poi mi tiro su a sedere.
Guardo l’ora: 7 e 23.
Chiudo gli occhi e vorrei quasi riaddormentarmi.
Poi sento i tuoi passi al piano di sotto.
Stai salendo le scale, piano.
Ma riesco comunque a percepirti.
Mi rimetto sotto le coperte e mi giro, faccio finta di dormire.
Sento che ti affaccia alla porta della nostra camera.
Non dici nulla.
Un passo, poi un altro e ti avvicini al letto.
– hei… – sussurri.
Non rispondo, rimango immobile. In silenzio.
Ti sento sorridere.
E lo faccio anch’io.
Esci e ti allontani nel corridoio verso il bagno.
Sento l’acqua che scorre nella doccia.
Mi mordo il labbro inferiore.
– ahia – mi porto le dita alla bocca, lo sento indolenzito, come se me lo fossi morso tutta la notte.
Poi sorrido e ripenso alla notte appena trascorsa.
Ai tuoi baci, ai tuoi morsi audaci e pieni di desiderio.
Un brivido mi percorre la schiena.
Mi tiro su e a piedi nudi ti raggiungo in bagno.
Mi fermo sulla soglia.
Tu sei girato di spalle, l’acqua cade sulla tua schiena e segue le tue forme dalle spalle ai glutei.
Ho amato la tua schiena fin dalla prima volta che l’ho vista.
In verità l’amavo già da prima, intuendone le forme da sotto i maglioni o le magliette.
Mi piacciono i tuoi nei, le mie costellazioni, mi piace la curva in fondo alla schiena dove comincia il tuo bel sederino sodo.
Mi piace stringerlo e graffiarlo quando facciamo l’amore.
Mi chiedi tu di graffiarti la schiena, di morderti le spalle e lasciarti i segni rossi dei miei denti e delle mie labbra.
Mi piace quando ti inarchi mentre le mie mani seguono la tua curva sentendo le costole e graffiandoti fino ad agguantare i glutei sodi e piccoli.
Mi piace quando ti abbandoni ai miei baci.
Ora rimango a guardarti in silenzio, mentre lo shampoo cola dal collo lungo la schiena e poi tra le tue gambe magre ma coi muscoli al posto giusto.
Mi spoglio, piano.
Tolgo la canottiera e la getto assieme alle mutandine nel cesto della biancheria da lavare.
Apro la porta scorrevole della doccia.
– buongiorno – dici senza girarti.
Appoggi le mani sulle tue spalle e seguo la schiena con i palmi, scendo sfiorando le costole e i fianchi strappandoti un sospiro e un brivido.
Passo le mani sul davanti e risalgo fino a raggiungerti il collo, poi incrocio le braccia prendendo la spalla sinistra con la destra e con la sinistra la destra e ti stringo forte.
– buongiorno –
Mi stringi le mani poi ne baci i palmi e ti giri.
Mi guardi il labbro, rosso. Sembri dispiaciuto.
– scusami – dici accarezzandolo con il pollice della mano destra.
– perchè? – rispondo insaponandoti il petto – mica mi è dispiaciuto –
– ah –
– io non mi sento in difetto per questo – dico sfiorandoti il labbro inferiore.
– giusto –
– e nemmeno per questo – aggiungo seguendo un graffio che parte dalla clavicola sinistra e scende giù diritto fino all’osso del bacino sporgente.
Quanto amo il profumo che c’è lì.
Quasi quanto quello che c’è sul tuo collo, dal lato sinistro; mi ricorda quando facevamo l’amore a casa tua in primavera. Stretti in quel letto così scomodo da raggiungere.
Le mie mani continuano a insaponarti il petto, poi scendo verso il pube e la tua reazione è da film: socchiudi gli occhi e dischiudi le labbra mentre ti accarezzo piano, delicatamente.
– ti voglio – ti sussurro a un orecchio.
– anch’io – rispondi tu stringendomi i seni, le tue mani sono bollenti come il tuo fiato sul mio viso.
Chiudo gli occhi e aspetto il bacio, scappo, arretro un poco.
Gioco con te e tu ti diverti, ti piace attendere, ti piace che io fugga, ma poi la mano destra scivola dietro la mia schiena e mi prende dietro la nuca, con fermezza ma dolcemente.
Mi guardi negli occhi.
– non chiuderli – ti sfido.
E così ci baciamo sotto la doccia, occhi negli occhi mentre le nostre mani accarezzano i nostri corpi seguendo un ritmo tutto loro.
Fuori dal tempo.
E così mi giri verso il muro, ti lascio fare, so dove vuoi andare a finire e lo voglio pure io.
Anzi speravo lo facessi.
Con l’acqua della doccia mi togli ogni residuo di sapone e poi, partendo dalla nuca, fai scorrere la tua lingua lungo tutto la colonna vertebrale.
Posso sentirla su ogni vertebra.
E più scendi più i miei brividi aumentano.
Sento l’eccitazione salire fino a che la tua lingua non arriva là dove desideravo, dove tu desideravi.
E sento il tuo desiderio attraverso i tuoi baci e le tue carezze.
Allargo le gambe e spingo il sedere all’infuori.
– ti voglio – lo dico quasi disperatamente.
– davvero? – mi domandi mordendomi i glutei e i fianchi.
– sì – è un sussurro che si perde nell’acqua.
Tu risali ed entri dentro di me piano, con dolcezza.
Il mondo si ferma.
Tutto si ferma.
Abbasso la testa vedo le tue mani che mi cingono i fianchi.
Mi accarezzano con passione il costato e poi prendono i seni da sotto tirandoli su.
Credo di impazzire.
Seguo il tuo ritmo che aumenta secondo dopo secondo.
I nostri respiri si accordano come i nostri movimenti.
C’è un religioso silenzio nella doccia.
Non ho le parole per dirti quanto ti ami e quanto ti desideri.
Respiro e provo un piacere profondo.
Mi lascio andare seguendo il tuo corpo dietro di me, dentro di me.
– dio – esclamo io.
Sorrido pensandomi atea ma quante volte ho nominato il suo nome da quando facciamo l’amore.
E tu mi segui.
Mi tieni stretta a te con le tue braccia lunghe e magre.
– mio dio – dici tu.
E tutto diventa etereo, perdiamo il senso del tempo e dello spazio.
Potremmo essere ovunque.
E quando raggiungiamo il piacere i nostri corpi vibrano e tremano.

Ti fermi dentro di me.
Mi stringi il seno mentre io ti stringo le mani.
Mi giro a baciarti.
Sorridi.
– sei bellissimo amore mio – ti dico poi accarezzandoti il viso, sposto i capelli lunghi dai tuoi occhi.
– guardami sempre così – ti dico.
– sempre – rispondi tu.

Cosa mi manca di più.

11 venerdì Ott 2019

Posted by emanuele in me

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amore, baciare, baciarsi, buonanotte, distanza, dormire, fare l'amore, mancare, mancarsi, manchi, natale, neve, sognare, vietato ai minori, VM 18

La domenica scorre veloce al lavoro, c’è parecchia gente per i regali dell’ultimo minuto, almeno non mi annoio.
Tornando a casa mi prendo i ripieni alla nostra rosticceria preferita.
Li scaldo nel forno mentre mi faccio una doccia bollente.
Ci sentiamo per la buonanotte.
– pronto? – dici rispondendo al telefono.
– pronto amore –
– ciao amore mio, come stai? –
– bene, quasi pronto per andare a dormire, tu? –
– metto a letto i nipotini e poi mi fumo un’ultima sigaretta sul balcone, si sta abbastanza bene stasera qua –
– qua siamo a meno 3 gradi e sta iniziando a nevicare –
– oddio… come vorrei essere lì con te –
– davvero? –
– sì, mi manchi come l’aria –
– anche tu… – rispondo.
Dall’altra parte arriva un sospiro che conosco benissimo, ti stai mordendo il labbro inferiore e a me piace da impazzire quando lo fai.
– cosa ti manca di più? –
– di te? –
– sì – rispondi con un sussurro.
Immagino le tue labbra rosse di rossetto aprirsi delicatamente per pronunciare quel “sì”.
Deglutisco un attimo.
Sento caldo e do la colpa alla birra un po’ più forte del solito.
– ci sei ancora? – domandi e ti immagino sorridere con gli occhi che brillano, mi piace quando mi guardi così e io mi sento davvero messo a nudo.
E’ difficile nasconderti le emozioni.
Le mie, con te, si vedono lontano un miglio.
Mi lecco le labbra, sono secche.
Mi verso un bicchiere d’acqua e mi siedo sul divano.
– eccomi –
– pensavo fossi svenuto… –
– addirittura? –
– bè sei tu che mi hai detto che ti basta la mia voce per farti girare la testa… –
– in effetti –
E poi fai quel rumore con le labbra.
E tutto si accende ed è come se fossi qui accanto a me.
– vuoi sapere cosa mi manca di più? –
– certo amore, non aspetto altro, mi metto comoda sulla poltrona e ti ascolto – rispondi – mi piace la tua voce, è dannatamente sexy –
Ti vedo mentre mandi la testa all’indietro, sento che accendi una sigaretta e aspiri il fumo della prima boccata.
– mi manca averti accanto a letto –
– uhm interessante… –
– mi fai dire o parli tu? – faccio finta di arrabbiarmi.
– certo messere… attendo silenziosa – mi prendi in giro.
– mi manca quando andiamo a letto la sera d’inverno, con la stanza bella calda e le luci soffuse e la neve che cade piano fuori. Mi piace quando ti spogli per infilarti sotto il piumone dove ci sono già io ad aspettarti.
Hai sempre un brivido quando la tua pelle calda incontra le lenzuola fresche di bucato e freddine. Mi guardi con i tuoi occhi profondi e mi chiedi se ho freddo visto che sono in pigiama.
In effetti mi sta venendo caldo rispondo guardando la tua canottiera dalla scollatura generosa riempita dal tuo seno meraviglioso.
I miei occhi sono più in su, dici sorridendo.
Davvero? non ci avevo fatto caso, rispondo accarezzandoti un braccio.
Ci infiliamo sotto il piumone e tu abbassi le luci e tutto diventa magico, perchè sembra di stare in una casa di montagna avvolta dalla neve e dal calore del fuoco.
Allora hai freddo? rinnovi la domanda avvicinando il viso al mio.
Mi lecco le labbra, cerco di baciarti ma tu ti allontani.
Mi sfuggi rimanendo però sempre a portata di bacio.
Quindi? chiedi ancora.
No, mi sta passando, rispondo togliendomi la maglia.
Uhm, così va decisamente meglio –
– si fa interessante – dici sottovoce.
– ti tiro a me e non opponi resistenza mentre ti tolgo la canottiera, mi manca la pelle del tuo seno sotto le mie mani, sentire i brividi che scendono lungo le tue braccia mentre ti accarezzo e ti bacio.
Mi manca sentire il profumo della tua pelle nuda, del tuo collo e dell’attaccatura dei capelli proprio dietro l’orecchio sinistro. Mi manca baciarti il collo e morderti piano piano e poi forte scendendo lungo la spalla e poi arrivando sotto il seno e morderti ancora e leccarti la pelle profumata e liscia come seta.
Mi manca sentire i seni nelle mie mani e poi tu che alzi le braccia e io che posso accarezzarti fino a tenerti i polsi mentre cerco avidamente la tua bocca.
Che tu non mi neghi più.
E mi baci con i baci della tua bocca. Il tuo profumo è inebriante, il gusto della tua saliva lo è.
Sento la testa che gira mentre le tue mani mi accarezzano i capelli e la schiena, mi tieni stretto a te.
Posso sentire i tuoi capezzoli inturgidirsi contro il mio petto, le tue gambe aprirsi per farmi stare più vicino a te –
– oh mio dio –
– mi manca sentire il tuo corpo sotto il mio, che mi accoglie, che mi stringe mentre ci baciamo con passione.
Mi manca sentire le tue unghie sulla mia schiena che mi strappano sospiri e brividi e poi le tue mani che mi sfilano il pigiama.
Mi manca sentire la tua pelle nuda a contatto con la mia.
Mi manca sentire il tuo calore, la tua passione.
Mi manca spogliarti e guardarti un attimo, nuda sotto di me.
Che c’è? mi domandi abbassando lo sguardo e mordendoti il labbro inferiore.
Sei bellissima amore mio.
Davvero?
Sì.
Mi manca sentirmi desiderato, mi manca sentirmi amato.
Mi manca quando mi dici che vuoi fare l’amore con me, quando mi accarezzi con delicatezza –
– tu non sai quanto vorrei essere lì con te, adesso –
– lo so sì, amore mio –
– e cosa ti manca ancora? –
– mi manca il tuo profumo, mi manca scendere dal tuo collo seguendo le curve del tuo seno e dei tuoi fianchi, accarezzarti le gambe e poi baciarti ogni centimetro di pelle bollente. Mi manca quando scendo dal tuo ombelico e tu mi tieni la testa stretta a te e inarchi la schiena quando ti bacio, ti lecco e mi abbevero a te.
Ti voglio, mi sussurri più volte accarezzandomi la testa con le dita tra i capelli, poi quel sussurro diventa sempre più forte come un bisogno impellente e non possiamo più farne a meno.
Mentre salgo verso le tue rosse labbra tu mi guidi dentro di te.
C’è un attimo.
Un attimo ben preciso di silenzio.
In cui tutto si ferma, anche il mondo.
Tutto l’universo si prende un breve attimo di pausa.
Io con la mano dietro la tua nuca che stringo i tuoi capelli, tu con entrambe le mani dietro la mia testa che ci guardiamo mentre sono dentro di te.
Ecco quell’attimo è una delle cose che mi manca di più –
– sai che quando torno non usciremo di casa per tre giorni, vero? –
– non vedo l’ora… –
– e poi? –
– e poi tutto riprende a muoversi, torniamo a respirare e a baciarci mentre facciamo l’amore e tu mi tieni stretto a te.
Mi manca quando mi mordi le spalle, prima una e poi l’altra e mi lasci i segni con i denti e con le labbra turgide e poi mi graffi la schiena e io ti stringo i capelli e il seno destro.
Mi manca la tua bocca aperta che cerca il mio fiato e io che cerco il tuo.
Mi manca la tua saliva, la tua lingua e le tue labbra, mi mancano i tuoi denti che si scontrano con i miei.
Mi mancano i tuoi fianchi su cui le mie mani indugiano prima di scendere lungo le tue gambe o risalire dalla vita fino al seno –
– mi mancano le tue mani, mamma mia quanto mi mancano –
– mi manca sentirti dire che mi ami da impazzire, che mi vuoi ancora e ancora.
Mi manca sentire i tuoi sospiri diventare gemiti e poi sempre più forti urla da riempire tutta la stanza finchè non sorridi e quasi ti imbarazzi.
Mi manca vederti all’apice del piacere e mi manca quando mi dici: voglio sentire te.
Il piacere che provo quando facciamo l’amore non ha pari, amore mio –
– amore mio… mi sta venendo caldo… –
– e mi manca quando dopo aver fatto l’amore mi chiedi di sdraiarmi accanto a te, ci guardiamo negli occhi per non so quanto tempo e ridiamo e scherziamo su cosa possano pensare i vicini di noi –
– che siamo entrambi decisamente molto fortunati – mi interrompi tu ridendo.
– decisamente fortunati, e non solo per quello – ribatto.
– già –
– ecco quello che mi manca –
– ora manca anche a me… –
– perchè, non ti mancava già prima? –
– certo, ma sentire la tua voce che me lo racconta, bè cavolo è da star male nel senso buono del termine –
– grazie amore –
– meno male che tra due giorni sono da te –
– non vedo l’ora amore –
– sai che lo faremo più e più e più volte, vero? –
– non vedo l’ora – rispondo ridendo.
– ridi ridi – ti sento ridere – sai che mi sono dimenticata di avere acceso la sigaretta e a momenti mi bruciavo? –
– brava tonna –
– hei quello è il mio marchio di fabbrica –
– giusto, il tonno sono io –
– sì, ma un tonno super sexy –
– molto sexy – rispondo.
– mi sa che vado a dare la buonanotte ai nipotini sennò mi verranno a cercare –
– brava, fai la zia modello, ci sentiamo domani mattina –
– buonanotte scheletrino –
– buonanotte patata –

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