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cose mentali

~ del perché i pensieri si muovono dentro di me

cose mentali

Archivi tag: casa

Casa.

06 martedì Ago 2019

Posted by emanuele in me

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amare, amore, casa, estate, fine estate, genova, luna, notte, sole, stelle, tetti, tramonto

Entri per prima.
Lo fai sempre.
Fai girare le chiavi con frenesia, le sento tintinnare nelle tue mani.
Spalanchi la porta.

Fai due passi dentro, poi ti giri verso di me e mi abbracci.
– casa – dici con la testa infilata nell’incavo tra braccio e petto.
Sento che inspiri il mio profumo stringendomi la schiena con le tue braccia.
Poi tiri su la testa e mi baci piano piano.

Sorridi e corri ad aprire tutte le finestre; ti piace fare corrente, vedere le tende gonfiarsi e la luce entrare senza ostacoli.
Io intanto porto dentro le valigie, poi ti raggiungo in cucina.
Apro la valigia del cibo e tu hai diviso tutto quanto per i nostri amici.
Metti in ordine la roba in frigo.
– uhmm –
– che c’è? –
– non c’è nulla da mangiare – rispondi sconsolata.
– per forza, ci siamo mangiati tutto durante il viaggio –
Sorridi come una bimba di 5 anni sollevando le spalle.

– però c’è della birra – dici tirando fuori un paio di bottiglie di Ichnusa.
– direi che siamo a posto, allora –
– certo – chiudi il frigo e mi dici di aspettare un attimo.
Vai in sala e torni con un sacchetto di patatine.
– ci basta? – faccio un po’ dubbioso.
– et voilà – ribatti tirando fuori delle noccioline e delle olive – e forse in frigo c’è del grana –
– mi pare un’ottima cena di ritorno a casa –
– io ho sempre ottime idee –

Prendi le bottiglie e io il resto è ti seguo in terrazzo.
I nostri fiori stanno bene.

Non accendiamo le luci che il sole sta sparendo dietro i monti della riviera di ponente.
I tetti grigi sono illuminati di rosa e di rosso, le prime stelle appaiono alle nostre spalle.
Ti stringo a me e appoggi la testa alla mia spalla destra.
– sto bene, amore – mi passi la mano sul petto.
– anch’io sto bene amore mio –
Apri le bottiglie e brindiamo mentre il sole sparisce del tutto e lascia spazio alla notte.

Restiamo in silenzio mentre mangiamo.
Mi piace guardarti di profilo mentre bevi dalla bottiglia e guardi lontano, verso l’orizzonte lontano.
Ti giri e mi sorridi.

Sorridono le labbra, gli occhi, il viso tutto sorride.
Scuoti la testa come per dirmi che c’è.
Ti sorrido di rimando.
– ti amo –

Ti alzi e mi vieni ad accarezzare la testa tenendola sulla pancia.
Mi tieni stretto a te.
Accarezzo le tue forme attraverso il vestito leggero che si muove con il vento della sera, mi piace il tuo corpo.
Abbasso le mani e poi sollevo il vestito.
Mi guardi negli occhi.
– come sei serio – mi dici piegando la testa da un lato.
– già.. –
Poggi la bottiglia sul tavolino di marmo e ferro battuto e mi accarezzi i capelli con entrambe le mani.

– ti voglio – dico alzandomi attaccato a te.
– ah, sì? –
– sì – rispondo tirandoti a me e gettando la testa tra i tuoi capelli profumati.
– anch’io –
E mi baci, mi fai perdere il fiato mentre cerco di spogliarti.
– aspetta – mi dici – ci sono troppi bottoni? –
– ce la faccio –
Mi impegno e dopo un attimo il tuo vestito cade a terra, sei praticamente nuda e mi spogli e tutto intorno sparisce e siamo solo noi due, seduti sul divano a fare l’amore.

Come due ragazzini.

Fine estate.

05 lunedì Ago 2019

Posted by emanuele in me

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amarsi, amore, caffè, carmen consoli, casa, cielo, estate, fine estate, genova, levante, lo stretto necessario, mare, moka, pioggia, viaggio

Arriva all’improvviso.
Ci svegliamo una mattina che il vento porta le tende fuori, verso il mare.
Ci tiriamo su quasi a tempo.

Con gli occhi ancora impastati dal sonno e i capelli arruffati per la notte d’amore ci spostiamo sul bordo del letto.
Restiamo seduti.

In silenzio.

Le cicale sono come sparite.
L’aria si è fatta più frizzante.
Un brivido ci percorre la pelle accaldata.

Mi stringi la mano e mi guardi negli occhi.
– è finita? –
– già –

Ci alziamo e, nudi, andiamo al balcone a vedere il mare grigio ricoperto da nuvole basse e cariche di pioggia.
E’ arrivata all’improvviso la fine dell’estate.

E’ ora di tornare a casa.
La nostra casa, nella nostra città.
Prepariamo le valigie senza fretta, mentre i gabbiani gridano nel vento seguendo correnti differenti mettiamo su la moka e ascoltiamo Lo stretto necessario alla radio.

Non siamo tristi, abbiamo passato un’estate meravigliosa in una terra fantastica e ora è giunto il momento di tornare a casa.
Nei nostri vicoli stretti dove se alzi gli occhi non vedi che una striscia di cielo blu o grigio.
Dove le case quasi si baciano.

Il nostro appartamento appollaiato in cima a una casa lunga e stretta, con la facciata grigia come l’ardesia.
Sta sui tetti a guardia del centro storico.
Piante e fiori stanno a difesa della nostra intimità.
Sembra di stare in un angolo di paradiso e si intravede anche il mare, non troppo lontano, il mare aperto.
E nelle giornate di vento di mare si sente il profumo e il sapore della salsedine che arriva fino alle nostre finestre e gonfia le tende come vele.

Beviamo l’ultimo caffè.
Lavo le tazze e la moka e poi chiudiamo tutto coprendo di teli bianchi i mobili e il letto.
Sembra una casa da teatro.
Rimarrà ferma così, immobile nel tempo e nello spazio fino alla prossima estate, quando torneremo giù e aprendo le finestre tutto riprenderà a scorrere.

Chiudi la porta con un sospiro.
Passiamo a salutare tua sorella che ci bacia e ci abbraccia fortissimo e quasi non ci vuole lasciare andare.
Ci riempie di dolci e di formaggio.
Poi è la volta di tua nonna.
Arancine per il viaggio, che non si sa mai cosa ti danno da mangiare, e teglie con cibi il cui profumo pervade tutta la macchina.

Passiamo tutte le tue terre e tu sei silenziosa; guardi fuori dal finestrino e mi tieni la mano stretta stretta.
Rispetto il tuo silenzio mentre attraversiamo campi e uliveti.

Mi guardi e mi sorridi, ogni tanto, come per rassicurarmi che stai bene.
– domani saremo a casa – dici baciandomi la spalla.
– sì, domani saremo a casa – rispondo.

Pare già di sentire il profumo della nostra città.
I fruttivendoli coi loro banchi ordinati e colorati, i pescivendoli e i macellai.
L’odore di caffè che si mescola con le spezie dei vicini arabi.
Il sole che fa capolino per pochi minuti per creare giochi di luci e ombre che ti tolgono il fiato.
Una città magica ci aspetta.
Con il suo vento che si infila sotto i vestiti e ti fa correre verso casa mentre la pioggia ti arriva addosso da tutte le parti.
E poi sorridi bagnato fradicio quando, tornando a casa, vedi tutti i tetti luccicanti sotto il cielo grigio mentre le luci si accendono.
Ti toglie il fiato la nostra città.

Stiamo tornando a casa, felici.

la finestra.

02 domenica Giu 2019

Posted by emanuele in me

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amare, blu, caffè, casa, cielo, mare, ricordi, sognare, sogni, stelle, vivere

Prima della nostra Casa, con la “C” maiuscola, abitammo per un certo periodo in un piccolo appartamento.
Era formato da 5 stanze: l’ingresso, la piccola sala che faceva anche da cucina, il bagno, la nostra camera da letto e uno studio.
Era luminosissima.

– allora che ne pensi della casa sulle alture? – ti chiedo sfogliando un quotidiano.
– quella con la finestra della camera da letto che da sulla collina che degrada verso la città e da dove si vede il mare? – mi rispondi senza prendere fiato, senza mettere una virgola.
– sì –
Ti guardo e sorrido.
– ok, allora chiamiamo l’agenzia? –
– ci andiamo subito – ribatti, metti sul fuoco la moka e ti precipiti a fare la doccia – ci metto un attimo! – esclami mentre sparisci in bagno.

Esci avvolta nell’accappatoio mentre il caffè sta venendo su.
– ci sono quasi! – e corri in camera.
Sorrido e verso il caffè nelle tazzine.

Torni tirandoti su i pantaloni e cercando di sistemare i capelli nel miglior modo possibile.
– ci sono, ci sono – dici addentando un biscotto – dov’è il mio caffè! –
Ti porgo la tazzina e ci soffi sopra mentre mastichi il biscotto, ci sono briciole ovunque.
Bevo il caffè e mi vado a lavare e vestire.
– muoviti – mi raggiunge la tua voce quasi incomprensibile per colpa del masticare.

Usciamo che sei super eccitata, andiamo a piedi per le vie del centro storico, fino all’agenzia.
– aspetta – mi trattieni mentre sto per aprire la porta.
– che c’è? ci hai ripensato? –
– assolutamente –
Faccio un’espressione interrogativa.
– volevo prendere fiato, è una cosa importante –
– giusto –
Ti bacio prendendoti il viso tra le mani.
– ok, ora sono pronta – sorridi.

Le formalità le sbrighiamo in poco più di mezz’ora, usciamo che cammini a un plamo da terra.
Sei raggiante.

Tutto questo per dirvi che quella casa aveva questa finestra, c’era un piccolo balcone, ci si stava giusto in due seduti o in piedi ma la cosa bella era la vista.
Nelle giornate in cui il cielo era blu e il mare uguale tutto si rifletteva, spostavamo il divano in modo tale che da seduti tutto si fondesse in un unico colore, cielo, mare e pavimento.

Era tutto blu e noi stavamo seduti a guardarlo, incantati, bevendo una birra e parlando del nostro futuro.
Stavamo seduti e ci sembrava di essere su un’isola.
Qualche volta facevamo l’amore sul divano guardando fuori dalla finestra.
Alle volte le tende bianche si muovevano come le vele di una barca e ci sembrava davvero di essere a bordo di un veliero per il Mar Mediterraneo.
Circondati dal blu.

Era tutto perfetto lì.
C’eri tu, c’ero io e c’era la luce perfetta.
Quante volte mi sono addormentato aspettando la tua telefonata di arrivo in albergo dopo un lungo viaggio di lavoro.
Quante volte mi perdevo a guardare le luci delle navi che si confondevano con le stelle del cielo.
Cielo e mare uniti.

Il posto migliore dove siamo stati finora.
La nostra finestra sul mare.
I nostri cuori sul mare.

E venne il giorno…

22 lunedì Apr 2019

Posted by emanuele in me, pensieri, racconti, sogni, te

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casa, felicità, futuro, me, sognare, sogni

Ti passo a prendere una mattina di pioggia, fa freddino per essere a inizio Aprile, ma qualcuno mi disse che le case vanno viste con il brutto tempo: perchè se ti conquistano con il grigiume sei a cavallo quando ci sarà il sole.

– buongiorno amore –
– buongiorno a te – dici tu entrando in macchina con i capelli bagnati e arruffati; ma hai un sorriso che illumina.
– pronta? –
– certo! –
Mi stringi la mano forte mentre guido verso l’appuntamento con il tizio dell’agenzia immobiliare.
– ho un po’ paura – mi confessi mentre parcheggio.
– ci sono qua io – ti dico guardandoti negli occhi – andrà tutto bene, sarà fantastica –
– ok – prendi un bel respiro come fai prima di immergerti in acqua – ce la posso fare –

Scendiamo dalla macchina e il ragazzo dell’agenzia ci aspetta davanti a una villetta nascosta da un muro alto un paio di metri.
Ci saluta da sotto l’ombrello e sorride.
– mi spiace per il tempo –
– fa niente – dici tu – se ci piace così… – e sorridi.

Apre il cancello e ci accompagna lungo la strada che ci porta alla casa, una decina di metri.
Ci dice che volendo c’è la possibilità di ricavare un paio di parcheggi dal terreno in piano, tu ci vedi già ulivi e limoni e aranci.
Mi guardi e sorridi.
E io mi innamoro sempre di più, di te e della casa.
Il portone è di legno, di quelli vecchi, ricoperto da una vernice verde che si scrosta, ma sotto lascia intravedere le venature del legno e mi immagino d’estate a pulirlo e lucidarlo.
Stavolta guardi tu me.

– dentro è un po’ in disordine – dice lui quasi sottovoce, arrossisce.

Bè dentro sembra sia scoppiata una bomba.
Ma va bene.
La luce bianca del cielo filtra da un lucernario che riempie l’ingresso ampio, il pavimento è in legno.
Ci guardiamo attorno.
A destra c’è una sala, ci indica l’agente immobiliare, ci accompagna e si apre un stanza rettangolare, le finestre danno sul davanti e sul lato a est e sul giardino dove ci sono alcuni alberi, forse sono peschi.
Il legno scricchiola sotto i nostri piedi, il ragazzo sembra preoccupato; i vetri sono sporchi, ma le finestre sono alte e lasciano passare un sacco di luce.
Va bene.
Per me è già un sì.
Ti guardo mentre osservi i muri, li sfiori e ti soffermi a guardare fuori; la luce che ti illumina è perfetta.

– di là invece c’è la sala da pranzo e volendo si può buttare giù il muro che la divide dalla cucina –

Ti giri e mi guardi, corri quasi a vedere mentre io rimango indietro, guardo il lucernario che dall’alto del terzo piano manda la sua luce a illuminare l’ingresso; chissà come sarà con la luna piena a camminare qua?

Sbuchi dalla porta della cucina, come una bimba che gioca a nascondino e vuol farsi trovare.
– il muro lo buttiamo giù per davvero e facciamo un tutt’uno con la sala da pranzo, vero? – me lo domandi, ma hai già deciso.
– certo –
Accanto alla porta della cucina c’è un piccolo bagno di servizio, proprio sotto le scale che portano al primo piano.
– e qui? – domandi – cosa c’è? –
– una sala dove hanno messo tutta la roba da portare via, volete vederla? è come la sala accanto –
– se non ci sono problemi mi piacerebbe – dici tu.
Apre la porta e la sala è identica alla precedente, un poco meno luminosa ma ci starebbe bene una libreria.
La nostra.
– biblioteca? – suggerisco da sopra la tua spalla.
– ovvio –

Guardo il ragazzo che sembra già più sollevato, ci porta al primo piano.
Ci sono due camere da letto, un disimpegno che da sopra l’ingresso dove ci può stare un divano per 5 persone.
E poi due bagni.
Sembra una reggia.

Il tuo sorriso è inequivocabile: hai già deciso che questa casa sarà la nostra.
Indichi il piano di sopra.
– è praticamente una mansarda unica che copre tutta la pianta della casa escludendo il lucernario, ci sono un paio di finestre sul tetto e un piccolo terrazzino al centro della pianta –
Ti si illumina il viso.
Saliamo e c’è un enorme sottotetto, ben coibentato, in un angolo ci sono due vasche per la raccolta dell’acqua potabile e poi le finestre illuminano tutto.
L’ultima scaletta in legno porta al piccolo terrazzo che domina il terreno attorno a casa e la vista sul mare è mozzafiato.
Mi abbracci forte, hai le lacrime agli occhi e io anche, ma mi trattengo un attimo, mi sorridi e mi baci leggera le labbra.
Poi guardi l’agente immobiliare.
– dove dobbiamo firmare? –

la casa.

21 domenica Apr 2019

Posted by emanuele in me, sogni, te

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casa, futuro, sognare, sogni, te

Erano mesi che ne parlavamo.
In verità credo fosse già stato affrontato il discorso dopo il primo bacio.
Cioè non subito dopo… passò qualche giorno e venne fuori in maniera naturale.
Come tante altre cose.
Una delle cose più belle del nostro rapporto è sempre stato il parlare di qualsiasi cosa, dalla politica all’ultimo film uscito, libri, musica, vita.
Tutto.
E così si cominciò a parlare di casa.
Ma sai sono quei discorsi che le coppie che stanno nascendo fanno un po’ per gioco e un po’ per testare l’altro.
Un modo per vedere se si hanno le stesse idee nel campo dell’edilizia e nell’arredamento d’interni.
Decisamente una materia molto difficile; non me l’hai mai detto, ma credo tu mi abbia rimandato a settembre almeno un paio di volte.
E dire che la seconda volta pensavo di essere preparato, ma il tuo sguardo da sotto quelle ciglia meravigliose, doveva farmi capire che no, anche a sto giro non ci avevo capito una mazza.

Fatto sta che se ne parlò, poi il discorso passò ad altro ma entrambi ci stavamo lavorando in segreto.

Ricordo il giorno che tirasti fuori l’argomento in maniera ufficiale.
Era mattina, abbastanza presto e nessuno dei due lavorava quel giorno.
Sì, avevamo l’abitudine di alzarci presto anche nei giorni di festa.
E poi passare del tempo a rotolarsi nel letto non fa certo male.

Entro in cucina e tu sei seduta al tavolo con un quaderno chiuso e una serie di riviste di agenzie immobiliari davanti.
La caffetteria borbotta piano sul fuoco.
– buongiorno amore – dici tu alzando i tuoi occhi dal tavolo.
– buongiorno… penso io al caffè? –
– sì, poi dobbiamo parlare… –
Mi blocco davanti alla cucina economica.
– non ti preoccupare amore, va tutto bene –
Sorrido e respiro.
Verso il caffè nelle tazzine e le porto a tavola, tu sfogli i cataloghi e cerchi alcune inserzioni, altre le sottolinei.
Sei molto metodica.
Poi giri la pila di riviste, giri il cucchiaino nel caffè e bevi.
Ti guardo e sorrido.
– dimmi che ne pensi… –

Bè dopo diversi mesi, dozzine di case viste e riviste, colloqui in banca per il mutuo, nottate passate a parlare, scartare per poi rivedere e infine dividere le case in due pile: SÌ e NO.
Fu una scelta molto difficile, ma finalmente stavamo per mettere la firma sul mutuo che ci avrebbe trasformati in proprietari di una casa.

– una casa tutta nostra – dici tu uscendo dal notaio.
– dobbiamo andare a festeggiare! – propongo baciandoti.
– sì! –
E così andammo a fare aperitivo e tornammo a casa tardi e rimanemmo svegli fino al mattino a guardare le stelle sul terrazzo.

– sei felice? – ti domando abbracciandoti da dietro.
– sì amore mio, mai stata così felice da quando mi hai detto la prima volta che mi amavi… –
Ti giri e mi baci.

E i tuoi baci mi piacciono, sono dolci e salati, sono pieni d’amore e di passione.
Sono lenti e mi lasciano sempre senza fiato.
E il tuo sapore rimane sulle mie labbra a lungo e anche sulle mie mani che ti accarezzano e ti stringono a me.

E la casa? dirà qualcuno.
La casa arriva, una grande casa davanti al mare, con finestre grandi e luce, ma anche ombre per riposare e far entrare la luce della luna.
Una casa coi muri spessi, che tengono fuori il caldo dell’estate e d’inverno non lo fanno uscire.
Una casa nostra.
Solo nostra.

– sai che adesso ti tormenterò per gli arredi, vero? –
ti guardo e sorrido.
– sarà divertente amore mio –
– per prima cosa scegliamo il letto… – sorridi tu.
Mi piace quando sorridi così.

ti ho cercata. 

23 sabato Lug 2016

Posted by emanuele in cose, fotografia, immagini, me, pensieri, persone, te

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Tag

camminare, casa, foto, fotografie, perdersi, solitudine, solo, vicoli

oggi ti ho cercata nei vicoli della mia città, tra le pietre delle strade cercavo le tue tracce.
sfioravo i muri con le dita, quei muri che forse anche tu hai sfiorato.
alle volte mi è parso pure di vederti correre con il tuo vestito leggero, girandoti per sorridermi.
e invece eri come un fantasma, o forse il fantasma sono io che mi aggiro come addormentato tra i vicoli della mia città.
senza curarmi della gente che mi scontra e mi guarda stranita.
ti cerco nelle foto, e mi sento un peso sul cuore. oggi mi sento solo, oggi ho bisogno di perdermi.
ma oggi i piedi mi portano sempre verso una casa, un luogo sicuro. ma oggi non ho luoghi sicuri che non siano i miei piedi.


un posto da chiamare casa

13 martedì Ott 2015

Posted by emanuele in amici, libri, ricordi, viaggio

≈ 3 commenti

Tag

amici, bisogno, calore, casa, cuore, francia, home, lione, necessità, viaggiare, viaggio

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io sono un po’ strano, non amo le vacanze classiche, quelle dei villaggi turistici. preferisco viaggiare in luoghi dove ci sono cose da vedere e da fare che non sia stare in panciolle su una spiaggia a crogiolarsi al sole.
sia ben chiaro: non ho nulla contro le persone che lo fanno, anzi le invidio per come riescono a rilassarsi.

io invece sono sempre in movimento, non mi fermo quasi mai.

e poi la sera torno a “casa”.
sì perché l’albergo lo chiamo casa.
mi viene naturale farlo. non che a casa ci stia male, ma trovo casa in ogni posto che vado.
quest’anno è toccato a Lione chiamare casa un piccolo albergo del centro.
la stanza era proprio piccola, ci stava giusto il letto, un comodino, un piccolo scrittoio sotto al televisore appeso al muro. l’armadio era una nicchia ricavata nel muro e il bagno aveva giusto lo spazio minimo per la tazza, il lavandino e la doccia era davvero microscopica, nascosta dietro una tenda bianca.

ma è stata casa…

ma quest’anno qualcosa è cambiato.
quest’anno avevo una vera casa che mi aspettava.
una casa vera, con le pareti solide e alte, coi pavimenti in legno che scricchiolavano al passaggio, con le alte finestre da cui entrava la luce del giorno, con una cucina e un sacco di stanze e armadi nascosti nel muro.
e giochi di bimbo sparsi per terra e “Shaun vita da pecora” in dvd e in tedesco.
una casa che non mi aspettavo.
una casa dal cuore caldo e accogliente.
una casa dove sentirsi bene.
una casa che faceva dimenticare di essere in vacanza.
non so come spiegarmi.
era come essere proprio a casa.
era un piccolo cuore caldo in un’altra città diversa dalla mia.
e so che quel cuore, quando si muoverà verso altri luoghi sarà sempre un porto sicuro dove fare rotta.
sarà esagerato, ma vi assicuro che la sensazione provata è stata quella e andarmene è stato davvero difficile, perché sono stato proprio bene.

“Fare la valigia al ritorno di un viaggio è sempre complicato. Non tanto per le cose che compri e non sai dove far stare… quanto per quello che hai aquisito, non acquistato. Senza nulla togliere ai viaggi precedenti questo mi ha lasciato qualcosa in un momento in cui ne avevo veramente bisogno.
Forse non sapevo di cosa avevo realmente bisogno. Forse non so nemmeno cosa mi “sono portato via” o cosa mi hanno donato, ma so che ne avevo bisogno e adesso andare via è difficile come non è mai stato.
Potrei dire di poter chiamare “casa” un posto diverso da casa mia, dove tra meno di 24 ore sarò di nuovo.
Forse è esagerato, dirà qualcuno. e forse potrei dargli ragione, in un’altra dimensione.
Sono stato accolto come un vecchio amico e come un amico me ne sono andato.
Certo di portarmi nel cuore le persone che mi hanno accolto così generosamente voglio dire che finchè non ci rivedremo serberò i minuti passati assieme con cura.
Lo prometto su Cthulhu Nadia.
grazie.”

ho scritto questo post la sera prima di partire, quando cercavo di sistemare le cose dentro la valigia.
che è sempre difficile farcele stare tutte, stavolta era impossibile farcela.
mi ha lasciato un carico di calore e umanità come non mi accadeva da tempo, tanto tempo.
non so se riuscirò a spiegarmi e a farvelo comprendere, ma ci voglio provare.
non ti conoscevo se non per la voce, che era una voce tra tante, anni addietro. una voce che poi è diventata un viso su Facebook.
su Facebook cerco di avere tra gli amici le persone che mi piacciono sul serio, persone che non riesco a vedere o sentire tutti i giorni e persone che non ho mai visto, ma che sento di avere qualcosa in comune.
quest’anno ho preso la decisione di incontrare quelle persone che non conosco dal vivo.
piano piano arriverò da loro con la mia piccola valigia e la mia macchina cattura istanti e sarò felice di averli conosciuti.
loro non so.
anche se di solito sono una persona educata e discreta, alcuni dicono fin troppo.
ma gli anni e le esperienze mi hanno reso così, forse un po’ rude e distaccato, ma vi assicuro che sotto sotto batte un cuore.
capace di emozionarsi ancora per un sorriso e una parola dolce e sincera.
giuro, ho provato a fare lo stronzo, ma non ne sono davvero capace.

meglio così.

non lo farei nemmeno bene.
ma non è di me che volevo parlare, no.
volevo parlare di te e volevo ringraziarti sul serio per tutto quello che avete fatto in questi giorni.
non mi avete fatto sentire un estraneo, mi avete accolto a braccia aperte e avrei voluto stringervi forte tutti e due prima di partire.
forse quello di cui avevo bisogno (mamma mia quante volte ho ripetuto questa parola in questo post) era sentirsi così: benvoluto.
almeno questo è quello che ho percepito; io non so che impressione posso aver fatto.
molti amici mi dicono che non sono un tipo facile, che sto sulle mie.
dicono che sono rispettoso dell’altro e che tengo la mia vita privata per me.
ho imparato a farlo con gli anni, ho imparato a lasciarmi andare poco alla volta e mai al primo incontro.
ho imparato a scriverlo qua.

però quello che mi è rimasto addosso è stata una sensazione di calore e di accettazione come mai mi era capitato.
forse mi manca questo, o meglio forse avevo bisogno di essere accolto.
davvero, se penso a voi penso a casa.
è stata una bella esperienza, tre giorni che sono parsi di più.
pastis e champagne.
zio viene.
le foto, le centinaia di foto.
la cena da Chez Abel e il vino in fondo alla via (tra l’altro l’unica cosa che sono riuscito a offrire).
sono tutte cose che serberò nel cuore, con cura.
i cappuccini al mattino che mi hanno salvato da una colazione sicuramente terribile.
insomma grazie per tutto.

davvero di cuore.
grazie.
(se sembra troppo esagerato fa lo stesso: m’importa sega).

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