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cose mentali

~ del perché i pensieri si muovono dentro di me

cose mentali

Archivi tag: libri

dove sei?

20 domenica Ott 2019

Posted by emanuele in me

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abbracci, amarsi, aspettarsi, canzoni, cd, coccole, cuscino, distanza, dormire, incubo, libri, musica, notte, viaggiare, viaggio

mi scrivi nel cuore della notte.
– dove sei? –
guardo il cellulare con gli occhi semichiusi.
mi guardo in giro, sono in albergo.
– in albergo –
– ho fatto un sogno terribile – scrivi subito.
ti immagino con le dita tremanti e il respiro affannato.
– un paio d’ore e sono da te –
– che ore sono? –
– l’una e mezza –
mi sono svegliato del tutto.
sono già seduto sul letto con la mano sulla fronte, preoccupato.
– mi manca il fiato – scrivi ancora.
mi alzo e mi vesto, butto tutto in valigia.
– cerca di respirare con calma, inspira con il naso ed espira con la bocca, io mi sto vestendo –
visualizzi ma non rispondi.
potresti esserti riaddormentata, ti capita quando stai così male.
sarei partito alle 8, anticipo solo la partenza.
controllo di aver presto tutto e scendo le scale.
– manchi terribilmente – scrivi.
– sto uscendo, appena sono in macchina ti chiamo –
lascio la chiave alla reception.
– scusate, ma devo partire prima, un’emergenza –
– spero niente di troppo grave –
– lo spero anch’io –
saluto ed esco.
l’aria è fredda, sembra debba nevicare da un momento all’altro.
salgo in macchina e accendo il riscaldamento.
ti chiamo.
– pronto? – la tua voce è flebile, lontana.
– pronto – rispondo allacciandomi la cintura.
– non riesco a respirare bene – mi dici in un sussurro – ho fatto un sogno terribile, in cui tu non c’eri più, ma nel senso che non c’eri mai stato, e io lo sapevo che ci saresti dovuto essere, che saresti dovuto essere con me –
– amore mio –
mi si stringe il cuore e un nodo mi serra la gola.
il magone fa lucciare gli occhi.
– arrivo –
– era così vivido – dici ancora – io ero più grande, e mi accorgevo che mi mancava qualcosa, non c’erano più le nostre foto, non c’erano più i nostri regali, i nostri libri, le nostre cose, eppure sapevo che sarebbero dovute essere lì –
– che incubo terribile, ma io ci sono, non sono sparito –
– lo so amore mio, ma svegliarsi e non averti accanto è stato ancora più angosciante, mi sono sentita mancare, mi è letteralmente mancata la terra di sotto, mi è parso di sprofondare in un lago nero, denso, umido –
– arrivo, faccio prima che posso –
ti sento respirare.
– non correre, ti prego –
– no, giusto, ma faccio prima che posso lo stesso –
– non sentire il tuo corpo accanto al mio mi ha fatto battere il cuore all’impazzata, ti ho cercato sotto le coperte, nemmeno fossi diventato piccolo come un gattino, mi sono alzata barcollando e ti ho cercato in cucina, poi in bagno e perfino sul balcone –
– hei –
– poi ho pensato che fossi uscito a prendere qualcosa, una medicina, del cibo o qualcosa in macchina –
– o le sigarette – sdrammatizzo.
– giusto – ti sento ridere un poco – poi sono tornata a letto, avevo freddo, un freddo dentro, mi sono avvolta nel tuo maglione da casa, ho acceso tutte le luci e ho iniziato a camminare per casa come uno zombie –
– da quanto eri sveglia quando mi hai scritto? –
– da un’ora – rispondi – pensavo di impazzire –
– sto prendendo adesso l’autostrada, meno di due ore e ci sono –
– vai piano – sussurri tu, la tua voce sta tornando normale – non voglio perderti –
– non ti preoccupare, non ci penso nemmeno –
– e poi ho fumato due o tre sigarette di fila in piedi, appoggiata alla libreria, il tempo si dilatava, così ho iniziato a cercare i libri che mi avevi regalato e ogni volta che ne trovavo uno stavo meglio, guardavo le nostre foto apparire sui muri di casa e tra i libri e i cd –
mi sento un poco meglio, ma aumento lo stesso l’andatura.
– ma l’ansia non mi abbandonava – prendi fiato – sentivo un peso sul petto che mi tirava giù, mi stavo per strappare i capelli se non avessi trovato la scatola con tutte le tue lettere –
– sei riuscita a prenderla nonostante fosse in alto sulla libreria? – ti prendo in giro, è una mossa azzardata, ma voglio farti ridere.
– ah, certo – rispondi piccata tu – sono una donna piena di risorse io –
– e non sei caduta dai tre scalini… – azzardo ancora.
– ahhhh ma come ti permetti! – alzi il tono tu in maniera scherzosa – vogliamo parlare dell’ultima nostra passeggiata in centro con la tua meravigliosa scivolata sugli scalini di Piazza de Ferrari? –
– touché – rispondo divertito.
– lo ricordo come se fosse ieri –
– anche il mio polso se lo ricorda bene –
– giuro che stavo per ridere, ma mi sono trattenuta finchè non ho visto che eri tutto intero –
– e poi sei scoppiata a ridere –
– e certo! – esclami – come avrei potuto non ridere di un episodio così buffo? senza contare che tra i due quella goffa sono io – e ti vedo che puntualizzi la cosa facendo una delle tue bellissime facce buffe.
– già, tutto questo è incredibile – rido io stavolta.
– comunque poi l’ansia mi è passata, ma tant’è il sogno aveva lasciato segni tangibili dentro di me, sentivo sempre un’angoscia graffiante dentro, e le lettere avevano aumentato la malinconia di non averti accanto –
– ma piccola mia… –
– e non riuscivo a ricordare dove fossi, quello che mi stava mandando al manicomio, poi ho guardato il cellulare e ho visto il tuo ultimo messaggio della buonanotte dalla camera d’albergo di Torino –
– meno male che abbiamo l’abitudine di mandarci la foto della buonanotte –
– tzè se non te l’avessi data io questa abitudine… –
– se non ci fossi tu –
– stanotte è meglio non dirlo –
– già –
ti sento respirare più tranquilla.
– ora dove sei? –
– boh, comunque manca circa un’ora e dieci –
– non è che stai correndo? –
– ma va – faccio il vago – e poi non c’è nessuno a quest’ora, la strada è libera –
– mmm – non sei molto convinta.
– e poi mi hai scritto? –
– no, non subito, sono andata a lavarmi la faccia, avevo gli occhi rossi e gonfi, in tutto questo avevo anche pianto –
– ma, appena arrivo ti coccolo –
– davvero? –
– davvero davvero –
– e mi abbracci fortissimo? –
– non ti lascio per tutta la notte e tutto il giorno –
– arriva presto – dici – ti prego – aggiungi poi in un sussurro.
– prima possibile –
– ora provo a mettermi a letto, lascio le luci accese, ok? –
– certo, allora la bolletta della luce il prossimo mese la paghi tu –
– ahhh che coglione! – mi dici seria.
– ma! –
– il mio coglione preferito però –
– meno male –
e ridiamo assieme.
ora sto un poco meglio.
– vai a nanna, io mi fermo a prendere un caffè tra non molto e poi arrivo –
– ok patato –
– se hai bisogno scrivi –
– anche tu –
chiudo la chiamata con un sospiro di sollievo, sentirti così angosciata e sapermi lontano da te mi ha stretto il cuore e mi ha fatto venire il magone.
metto su un po’ di musica, la tua playlist che mi hai fatto per viaggiare e ti sento più vicina.
dopo 40 minuti mi fermo a prendere un caffè.
ti scrivo mandandoti una foto della tazzina.
e della bustina di zucchero non piegata come facevo di solito.
– bravo patato – rispondi mentre sto per risalire in macchina.
– mezz’ora e sono a casa – rispondo.
– non vedo l’ora.. se mi trovi addormentata baciami sulla fronte e stringimi forte con le tue braccia magre magre –
– certo amore mio –
riparto e la mezz’ora vola, parcheggio sotto casa.
non prendo nemmeno la valigia e salgo i gradini a due a due.
apro piano la porta, ci sono tutte le luci accese.
mi si stringe il cuore ancora.
le spengo una a una fino ad arrivare in camera.
mi affaccio e dormi con il viso sul tuo cuscino e tra le braccia il mio.
mi spoglio, spengo la luce e mi infilo sotto le coperte, sei bollente, forse hai anche la febbre dovuta all’incubo.
ti bacio la fronte scostandoti i capelli neri lucenti e profumati.
quanto mi sono mancati in questi tre giorni.
li accarezzo piano, non voglio svegliarti.
mentre ti abbraccio ti accoccoli su di me.
la luce di fuori ci illumina.
– hei – sussurri tu mettendo la tua guancia sulla mia.
– hei amore, dormi –
– no, non voglio dormire stanotte – mi dici girandoti.
– come mai? –
– mi sei mancato troppo –
– anche tu –
– è come se fossi stato via un mese, lo sai, vero? –
– lo so –
– e allora adesso facciamo l’amore, amami e dimmi che sei pazzo di me –
– è vero amore mio, sono innamorato perdutamente di te –
– però ci siamo trovati e non ci lasceremo, vero? –
– vero –
ti bacio, le tue labbra sono salate di lacrime, voglio respirare il tuo fiato, bere la tua saliva e assaggiare il tuo sapore.
– mio dio quanto mi sono mancati i tuoi baci – mi dici spogliandoti – via il pigiama scheletrino – mi dici sfilando i pantaloncini e la maglietta.-
infili la testa tra la mia spalla e il collo.
– proprio qua c’è l’odore delle prime volte che facevamo l’amore a casa tua – mi dici facendomi mancare il fiato.
– ti desidero – ti dico prendendoti i seni tra le mani.
– anch’io –

facciamo l’amore quasi in silenzio, poi piano piano le parole vengono fuori da sole e ci diciamo quello che non ci siamo detti in tre giorni.
– quanto mi sei mancato – mi dici graffiandomi la schiena.
– madonna mia quanto sei mancata anche tu – ribatto affondando i denti nel collo.
fare l’amore con te è una della cose più belle che mi siano mai capitate in tutta la mia vita.

– domattina sarai qua? –
– certo amore, tutte le mattine –
– ti amo –
– ti amo –
poi dopo sono solo sospiri e carezze e brividi.

Lost in translation. No, non il film.

06 lunedì Mag 2019

Posted by emanuele in libri, me, recensioni

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arabo, coreano, Ella Frances Sanders, gezellig, giapponese, gurfa, kalpa, komorebi, leggere, Letteratura, libri, libro, marcos y marcos, nunchi, olandese, parole intraducibili, Sanders, sanscrito, traduzioni

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Ecco, di questo voglio parlare stasera. Del libro scritto da Ella Frances Sanders.
Sono a casa, seduto alla mia scrivania e sfoglio le pagine spesse, colorate e profumate di questo libricino.
Quarantotto pagine per cinquanta parole in lingua straniera che non hanno una traduzione in altre lingue.

“Le parole intraducibili sono potenti grimaldelli: svelano di un popolo certi vizi e certe virtù.”

E’ un libro che sta quasi in una mano, ma quando fai scorrere le sue pagine è come se facessi un viaggio attorno al mondo.
Riporterò quelle che più mi hanno colpito e che sento mie, ma vi invito davvero a comprarlo e leggerlo con gli amici o con la persona che amate, regalatelo ve ne saranno grati.

Le parole giapponesi sono quelle che più mi hanno colpito.
Come: KOMOREBI.

La luce del sole che filtra tra le foglie degli alberi.

Per un attimo può accecare ma è senza dubbio bellissima. C’è qualcosa di straordinariamente suggestivo e magicamente unico nella luce del sole che filtra attraverso il verde delle foglie.

E’ davvero poesia. Una cosa così normale, che non ci si pensa a quanto possa essere davvero magica e delicata.
Ci si sofferma sotto un albero e si alza lo sguardo in alto, verso il sole e ci lasciamo abbagliare e magari mettiamo la mano a schermo degli occhi, socchiusi.
Poi ci si abitua e iniziamo a vedere le foglie, il loro contorno, il loro colore attraverso le trasparenze che il sole rivela, le loro venature.
I fiori stessi cambiano colore immersi in questa luce.
E’ bello sapere che c’è un popolo che ha trovato una parola per tutto questo.

E poi c’è: GURFA.
Arabo.

L’acqua che puoi contenere in una mano.

E’ vero, può sembrare un’unità di misura piuttosto vaga, ma quando stai facendo un castello di sabbia sulla spiaggia e hai deciso di scavare un fossato intorno alle stanze del re, d’un tratto questa parola assume un senso inaspettato.

Ma chi ci ha mai pensato a quantificare l’acqua che possiamo portare nel palmo della mano; anche perchè, ammettiamolo, non è fondamentale per niente.
Ma se ci pensiamo un attimo, a parte l’esempio che fa l’autrice, in un palmo d’acqua ci sta anche acqua a sufficienza per un sorso che allieva la sete, per bagnarsi la fronte accaldata o bagnare la testa della propria figlia o figlio, o ancora dare da bere al nostro cane che ce ne chiederà ancora.
O uniti i palmi potremo fare uno scherzo agli amici in una giornata accaldata e scatenare così una serie di lanci d’acqua uno verso l’altro.

E poi, poi ho trovato quest’altra parola: NUNCHI.
E’ coreano.

L’arte sottile e spesso inosservata di sentire e compredere l’amore altrui.

A volte è difficile capire se quello è uno sguardo ansioso o rabbioso, tenero o triste, ma con il tempo impari a distinguerli.

Ci sono volte in cui è complicato capire e interpretare le espressioni di un’altra persona, le sue emozioni. In parte per una nostra difficoltà nel comprendere l’altro che forse conosciamo poco, in parte perchè non è facile mostrare le nostre emozioni a chiunque.
Ci fa sentire indifesi, in difficoltà e vulnerabili.
Però il tempo ci aiuta a comprendere quali siano i tumulti che si nascondono dietro un sorriso o uno sguardo severo.
Altre volte quel tempo è un attimo, non serve conoscere da tanto l’altro per capirne i reali sentimenti, le sue emozioni.

Mi prendo il tempo ancora per un paio di parole, giusto due.

KALPA.
Questa è una parola in Sanscrito [Lingua ufficiale dell’India e appartenente alla famiglia delle lingue indoeuropee]

Il passare del tempo su scala cosmologica, infinita.

Non possiamo sentirlo, ma a volte riusciamo a intuirlo. I pianeti ruotano più velocemente di quanto noi potremmo mai correre e le stelle, che sembrano immutabili, non rimarranno nel cielo per sempre.

Alle volte riteniamo il tempo un nemico inafferrabile, scorre troppo velocemente; specie quando ci divertiamo, quando stiamo con le persone che ci piacciono.
Tutto scorre in un attimo.
E’ già l’ora di andare via, di tornare a casa perchè mamma ci chiama dal poggiolo che la cena è in tavola, è l’ora di andare via e aspettare un altro giorno per rivedersi.
Alle volte invece il tempo non scorre, sembra come la tortura cinese della goccia d’acqua in testa. Ti martella ogni secondo e ti fa pesare ogni singolo attimo, ogni singolo respiro senza che tu possa fare nulla per accelerare questo strazio.
Ma è tutta questione di prospettiva. Il nostro tempo è un battito di ciglia confrontato con il tempo delle stelle e dei pianeti che corrono sopra le nostre teste sempre affollate di idee, pensieri e preoccupazioni.
Forse dovremmo rallentare un poco, goderci tutti quei secondi e allora il tempo sarebbe giusto. Perfetto. E soprattutto unico.
Godetevi il momento. Carpe diem potrebbe dire qualcuno. Perchè no?

Facciamo un salto in Olanda per quest’ultima parola.
Ma vi assicuro che avrei potuto scriverle tutte e cinquanta…

GEZELLIG.

Molto più che accogliente e piacevole: descrive il senso di intimità, calda e rigenerante, non necessariamente fisica, che si prova stando con le persone care.

Chiedete a qualsiasi olandese e vi parlerà del gezellig. Rappresenta la loro cultura ospitale, amichevole, e include tutto ciò che fa sentire davvero accolti, come un’atmosfera famigliare, una bella conversazione, gli abbracci.

Bè che dire? Non trovo parola più bella di questa per dare un significato alla parola accoglienza.
Cioè ce ne sono sicuramente altre in differenti lingue, che possono dare lo stesso risultato, ma per quello che desidero scrivere va benissimo questa.
Davvero.
Ho provato il gezellig molte volte.
Sentirsi a casa da un’altra parte, essere accolti come uno di famiglia dopo essersi presentati e soprattutto davvero sentirsi a casa, la propria.
E’ una sensazione che va davvero oltre la fisicità, è entrare nella sfera di altre persone, sentirsi benvoluti.
Non sentirsi un peso per nessuno, ma amati per quello che siamo.
Questo è il gezellig.
Amati.
Accolti.
Abbracciati virtualmente, coccolati. Fin dentro l’anima.
Sapere che da qualche parte, in un posto qualsiasi del mondo, ci sono delle persone pronte ad accoglierci dovrebbe farci stare davvero bene.
Dovrebbe farci aprire agli altri.
Farci sorridere di più.
Essere più disposti a emozionarci a lasciarsi andare e abbracciare. Sempre.
L’abbraccio è curativo.
Anche per chi lo da.

Ho finito, ho scritto tanto e non vorrei aver annoiato qualcuno.
Nel caso comprate il libro e leggetelo, fatene tesoro e poi non tenetevelo per voi, fatelo girare.

Sorridete di più, siate più sereni.
Amate di più.
Abbracciatevi di più.

Momento pubblicità.

17 mercoledì Ott 2018

Posted by emanuele in amici, bloggers, letteratura, libri

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amica, bere, giorgiona, giorgionalibri, leggere, lettura, libraia, libri, libro, recensione, recensioni, vino

un po’ come il carosello. dopo, tutti a nanna.

vi lascio il link di un blog fresco di stampa. un blog dove si parla di libri; da chi, i libri, li vende.

fateci un giro. saprà stupirvi con le recensioni.

benvenuta Giorgiona! già solo per il nome bisognerebbe seguirla, il sottotitolo è ancora meglio “Mangio, bevo e leggo in pari (e larga) misura.”

Su, non fatevi pregare!

 

grazie mille dell’attenzione. ora tutti a nanna!

Verrà la morte…

30 domenica Set 2018

Posted by emanuele in poesia

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cesare pavese, einaudi, ispirazione, libri, morte, o'connell, occhi, poesia, transumanesimo

 

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi –
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.

Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

 

Mi è capitata tra le mani una copia di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” di Cesare Pavese, una raccolta edita da Einaudi. La mia copia è tra l’altro fallata: al posto del “che sei la vita” riporta: “che se la vita”.
Ho deciso di postarla qua, perchè in tutto questo parlare di transumanesimo, di cercare di allontanare la morte sempre di più mi pareva azzeccata.

Non sto diventando un transumanista, ma lo spunto che mi ha dato la lettura del libro di O’Connell mi sta facendo scrivere, e questo è sempre positivo.

pensieri e birra.

13 venerdì Lug 2018

Posted by emanuele in birra, me, pensieri

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blazer, caparezza, globe, globebrand, leggere, libri, nelly furtado, notte, pensare, pensieri, sk8tpy, skate, skateboarding, sognare, surf, tavola

sono le 23 e 33.
sono appena tornato a casa dopo essere andato un po’ in giro in skate…
sì, avete le tto bene: un giro in skate.
ho una certa età a questo punto della mia vita e ho deciso di imparare ad andare in skate, come se fossi un quindicenne in piena crisi ormonale.
invece no, sono un quarantacinquenne in piena crisi dimezza età (sì, l’ho scritto come dice Caparezza in Ti fa stare bene. [ah, un consiglio, anche se non dovesse piacervi Caparezza: ascoltate bene questa canzone e anche tutto l’album Prisoner 709].
fatto sta che ho deciso di andare in skate a 45 anni e per adesso non mi sono ancora rotto nulla.
quindi va benissimo.

ma non sto scrivendo per dirvi questo.
no, sto scrivendo perchè ci sono sere che ti senti un nodo alla gola; ti prende così, all’improvviso.
e allora ti chiedi cosa c’è che non va.
e non c’è nulla che non vada.
è la vita che alle volte torna, come le onde del mare.
tu te ne stai lì, in spiaggia a leggere un libro o a perderti negli occhi di qualcuna o ancora a pensare alle parole di una canzone di cui non ricordi il titolo, ma il cui ritornello non ti esce dalla testa.
e quindi, dicevo, te ne stai lì a pensare ai casi della vita e quella ti arriva addosso all’improvviso e ti ritrovi con l’acqua fin sopra i capelli.
e per un attimo ci rimani anche male. un poco.
poi ti riprendi, ti alzi, scrolli il libro e la maglietta e ridi.
e intanto la vita ti ha inondato di ricordi che affiorano poco dopo senza preavviso.

e ti ritrovi a sospirare.
e sorridere.
sorrido sempre un sacco pensando al passato.
e va benissimo.
così arrivo a casa, metto su Nelly Furtado con Girlfriend in the city e mi stappo una birra.
che non è mai troppo tardi per bere una birra.
anche se da soli rimane un po’ così…
fatto sta che sto bevendo una buona birra fredda e ascolto belle canzoni.

quel nodo alla gola si è sciolto un poco. la birra aiuta a mandarlo giù meglio.
i pensieri della sera sono sempre i più difficili da tenere a bada, corrono veloci mentre il buio avvolge la camera.
e io ci provo a pensare ad altro, a dirigerli verso altri lidi, verso altri orizzonti, ma loro insistono e tornano lì, dove il cuore è pià vulnerabile, dove l’anima si sente più al sicuro, meglio.

e allora, visto che sono ancora bello sveglio a bere la mia birra fredda, faccio un brindisi a quei pensieri e a quelle persone che mi smuovono questi pensieri.
è grazie a loro se sono diventato così.
ne ho fatta di strada e ancora ne dovrò fare, ora sarà più facile visto che la farò sopra una tavola di legno d’acero canadese e palissandro (che nome figo).

il prossimo passo sarà il surf.
ogni cosa a suo tempo.
ho deciso di impare cose nuove. anche alla mia età si può fare.

ah. ho anche ripreso a leggere.
e sono felice di averlo fatto.
ho ripreso un buon ritmo e chissà che presto non riprenda con le recensioni.
e poi vorrei tornare a scrivere. ho una serie di racconti che mi piacerebbe portare qua sopra.
vedremo.

ora finisco la birra, ascolto ancora un po’ di Nelly Furtado e poi mi butto a letto.
domani si lavora.
vi lascio alcune foto della mia bellissima tavola 😀

buonanotte a tutti… a presto.

cof
cof
dav
dav
cof
cof

 

L’anno della lepre.

06 martedì Dic 2016

Posted by emanuele in recensioni

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Arto Paasilinna, book, books, finlandia, lepre, libri, libro, narrativa, nord, paasilinna, recensioni, thriller, thrillernord

L’anno della lepre di Arto Paasilinna
in collaborazione con ThrillerNord

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Giornalista quarantenne a Helsinki, Vatanen ha raggiunto quel momento dell’esistenza in cui di colpo ci si chiede quel “ma perché” che si è cercato sempre di reprimere, nascondendo a se stessi e agli altri che quel grigiore a cui si è arrivati a furia di rinunciare ai sogni, di accettare compromessi, di rassegnarsi al logoramento delle amicizie, del lavoro, degli amori, quel qualcosa in cui siamo rimasti impigliati e in cui non ci riconosciamo, è in realtà la nostra vita. Una sera, tornando in macchina da un servizio fuori città con un amico fotografo, investe una lepre, che fugge ferita nella campagna.
Vatanen scende dall’automobile, la trova, la cura e, sordo ai richiami dell’amico, sparisce con lei nei boschi intorno.
Da quel momento inizia il racconto delle svariate, stravaganti, spesso esilaranti peripezie di Vatanen, trasformato in un vagabondo che parte all’avventura, on the road, un wanderer senza fretta e senza meta attraverso la società e la natura, in mezzo alle selvagge foreste del Nord e alle imprevedibili reti della burocrazia, sempre accompagnato dalla sua lepre come irrinunciabile talismano.
E la sua divertente e paradossale fuga dal passato diventa un viaggio iniziatico verso la libertà, la scoperta che la vita può essere reinventata ogni momento e che, se la felicità è per natura anarchica e sovversiva, si può anche provare ad avere il coraggio di inseguirla. Un libro-culto nei paesi nordici che ha creato un genere nuovo: il romanzo umoristico-ecologico.


Incuriosito dal titolo e dalla quarta di copertina mi sono deciso a leggere questo libro di Arto Paasilinna che nella vita ha fatto un po’ di tutto.
Il libro racconta la storia di un giornalista e della sua lepre.
Inizia tutto con il giornalista che abbandona il proprio collega in macchina inseguendo una lepre ferita, la raccoglie e cerca di curarla come può e si accorge fin da subito di non voler tornare indietro.
Ha voglia di fuggire il signor Vatanen, con la sua lepre che gli si affeziona sempre più, se ne va a zonzo per la Finlandia facendo lavori di fortuna.
Arrangiandosi come meglio può e affrontando le difficoltà che gli si pongono davanti con molta spensieratezza, quasi con superficialità in alcune occasioni, prosegue il suo viaggio conoscendo persone che faranno un po’ di strada con lui.
Ritroverà quella voglia di vivere e di amare che il lavoro e il matrimonio gli avevano fatto passare, affronterà pericoli e viaggi interminabili con coraggio e determinazione.
E’ un libro piacevole da leggere, può essere considerato benissimo un libro di narrativa di viaggi, ma anche di avventura.
Lo consiglio se si ha voglia di passare un pomeriggio o due in giro per la Finlandia, in una natura selvaggia ma affascinante, in compagnia di due ottimi compagni di viaggio.
Bevanda consigliata: una bella grappa artigianale, per scaldarsi nel freddo nordico.

Uno strano caso per il commissario Calligaris.

13 domenica Nov 2016

Posted by emanuele in recensioni

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alessandra carnevali, calligaris, gialli, giallo, italia, Letteratura, lettura, libri, recensione, recensioni, thrillernord, umbria

Uno strano caso per il commissario Calligaris di Alessandra Carnevali
in collaborazione con ThrillerNord

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“Adalgisa Calligaris ne ha fatta di strada, dopo avere lasciato il suo paese natale.
Ha accumulato successi combattendo il crimine organizzato, ha sopportato minacce e pericoli.
E ora il commissario ha deciso di concedersi un po’ di riposo. Quale posto migliore di Rivorosso?
Al massimo dovrà acciuffare qualche ladruncolo.
E lei, donna dura, brusca, per niente bella ma con un’intelligenza imbattibile, non ne è certo spaventata.
E invece, a qualche ora dal suo insediamento, la tranquilla cittadina di provincia viene scossa dal rinvenimento di un cadavere.
A trovarlo è Paolo Cortelli, idraulico trentacinquenne e marito fedifrago della parrucchiera del luogo.
Il corpo è quello di Margot Cambiano, cittadina americana e ospite della Rosa e l’ortica, un centro per il benessere psicofisico nella campagna umbra, frequentato da una ricca clientela internazionale.
È da lì che iniziano le indagini, che però lentamente coinvolgeranno tutto il paese: prima l’idraulico, poi la moglie, l’amante, il gioielliere… Ad aiutare Adalgisa c’è Carlo Petri, il medico legale, che ai tempi della scuola era stato il grande amore del futuro commissario…”


Romanzo di esordio per Adalgisa Calligaris, un commissario tutto d’un pezzo non proprio bellissima ma che sa affrontare a muso duro le sfide che le si pongono davanti.
L’autrice presenta tutti i personaggi in maniera dettagliata, quasi maniacale, sembra di vederceli apparire davanti e Adalgisa o si ama o si odia, o forse tutti e due perché piano piano si impara a conoscerla; a capire come si rapporta nei confronti dei suoi subalterni, che mette subito in riga sapendo però apprezzarne le qualità e i pregi.
La tranquillità ricercata dalla Calligaris finisce presto con il ritrovamento del cadavere di Margot Cambiano e con esso ritorna un vecchio amore che incrina un poco la fermezza e l’austerità del commissario umbro.
Il romanzo parte piano, come un diesel in inverno che ha bisogno di scaldarsi, ma poi è tutto un susseguirsi di colpi di scena in un’indagine condotta magistralmente dal commissario che si rifà al metodo investigativo di Hercule Poirot, uno dei suoi maestri.
Il finale è coinvolgente e si pende tutti dalle labbra della Calligaris mentre spiega con perizia gli eventi che hanno portato all’omicidio dell’ospite della Rosa e l’ortica.
Spero presto di leggere un’altra indagine di Adalgisa, mi sono affezionato già al suo carattere burbero.

nuovo progetto.

10 giovedì Nov 2016

Posted by emanuele in me, video

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buonasera… o buonanotte vista l’ora.
è un po’ che manco su queste pagine virtuali… prima o poi racconterò il viaggio in Andalucia di ottobre…

ma sono qui per parlare di un nuovo progetto che avevo in mente. una cosa un po’ slegata dal blog, anche se ultimamente sto presentando delle recensioni in collaborazione con thrillernord e stavo pensando di creare anche dei video in cui parlo di libri e recensioni…
anche di ciò che leggo per conto mio, i libri che leggo coi i miei amici del Gruppo di lettura (a cui stiamo cercando ancora un nome per aprire un blog dove mettere tutte le nostre attività e letture).
insomma un nuovo sbocco verso un altro social network che mi farebbe piacere esplorare.

intanto prendo informazioni in giro e accumulo materiali…

a presto!
buonanotte Emanuele.

Sacrificio a Moloch.

07 lunedì Nov 2016

Posted by emanuele in recensioni

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Sacrificio a Moloch di Åsa Larsson
in collaborazione con ThrillerNord

ks_eqloe

“Se Rebecka Martinsson pensava che accettare il posto di procuratore a Kiruna significasse ritirarsi a vita tranquilla, si sbagliava.
Lasciato lo studio di Stoccolma per tornare a nord, ora lavora in una terra ai confini del mondo, dove la natura vibrante e incontaminata diventa teatro dell’esplosione di passioni e istinti violenti.
Quando in una casa ai margini della foresta viene ritrovato il corpo senza vita di Sol-Britt Uusitalo, Rebecka decide di indagare e scopre che una serie di morti apparentemente accidentali ha colpito negli anni la famiglia della vittima, una catena di sciagure che sembra avere inizio in un passato lontano.
Era il 1914, e a Kiruna, la “città più giovane del mondo” che si preparava a vendere preziose materie prime ai paesi coinvolti nella Guerra imminente, arrivava carica di speranze la nonna di Sol-Britt, giovane e incantevole maestra di scuola affascinata dal progresso, la cui bellezza ed entusiasmo conquistano il direttore della ricchissima miniera di ferro, l’uomo più influente di tutta la Lapponia.
Dimostrando una grande padronanza di intreccio, suspense e conoscenza dell’animo umano, Åsa Larsson conduce la quinta indagine di Rebecka in un paesaggio rimasto immutato da allora, con i suoi personaggi ostinati, ribelli e vendicativi, e dove la forza della natura si può toccare con mano.”

Un thriller avvincente.
Mi ha appassionato sin dalle prime pagine perché la lettura si fa subito scorrevole e interessante.
La doppia narrazione temporale non infastidisce, anzi aggiunge un sapore retrò a un bel romanzo, scritto con cura di dettagli e precisione storica.
Ci si affeziona subito ai personaggi e l’autrice è davvero brava a seguire le vicende di Rebecka, è come stare al suo fianco in un mondo scuro e freddo.
La neve è sempre presente anche quando non viene descritta; si respira a fatica grazie alle pagine in cui l’azione la fa da padrona e non si può fare a meno di continuare a leggere per sapere cosa accadrà.
La Larsson ti trascina nella narrazione, si salta dal 1914 ai nostri giorni in un batter d’occhio, si riesce a seguire l’evoluzione della storia scoprendo quello che solo l’autore conosce: il passato dei propri personaggi.
Si passeggia assieme a Elina e Briciola a Kiruna nel 1914, nella città più giovane del mondo dove ci sono scuole e dove non c’è povertà e poi si viene trascinati nel presente dove la natura selvaggia fa da perfetto sfondo alla natura, quella umana, che sa essere fredda e calcolatrice e subdola…
Un finale inaspettato che mi ha lasciato a bocca aperta con un susseguirsi di eventi che portano a leggere le ultime pagine tutte d’un fiato.

Falsa testimonianza.

20 martedì Set 2016

Posted by emanuele in recensioni

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Tag

book, giallo, Letteratura, libri, libro, newton compton, recensione, recensioni, salvo toscano, thriller, thrillernord

Falsa testimonianza – di Salvo Toscano
in collaborazione con ThrillerNord

ks_eqloe

 

 

“Palermo. Anni Novanta. Il boss Traina è in carcere. Al suo posto, al vertice della cupola è salito il suo rivale, lo “Zio”. Uno dopo l’altro, gli uomini di Traina finiscono dietro le sbarre, finché, grazie a una soffiata, a essere catturato è Schillaci, latitante e stretto collaboratore dello Zio. Com’è possibile? Per Giannini, membro della DIA che indaga sui collegamenti tra politica e mafia, quell’arresto è molto strano. Tra gli elementi dell’indagine c’è anche un’assurda testimonianza: anni prima, la Proloco del paese ha premiato il racconto di uno studente nel quale era descritto proprio l’arresto di Schillaci. Quando la notizia si sparge, la casa di Rosario Buscemi, l’autore del racconto, viene messa a soqquadro, così come gli uffici della Proloco. Qualcuno ha costruito un castello di bugie, e a Giannini spetta l’ingrato compito di raderlo al suolo.”

 

 

Il romanzo si fa leggere, si fa leggere con accento siculo, che dopo i primi dialoghi lo inizi a sentire nella testa e ti affiorano le immagini della Palermo dei primi anni ’90.
Le stragi di Capaci e Via D’Amelio sono davanti ai nostri occhi e Toscano ci porta in quelle strade, ci mette affianco a quegli uomini che giorno dopo giorno combattono la mafia mettendoci del loro.

Il dialetto serve a rafforzare i pensieri, le frasi e le azioni dei protagonisti e ci si affeziona subito a Giannini e Cottone; purtroppo come nella realtà il finale non è mai roseo, ma i protagonisti non si arrendono, lottano con tutte le loro forze per sopravvivere e vincere.
I personaggi sono ben descritti, si muovono come persone vere all’interno della storia architettata magistralmente da Toscano, pare di vederli affannarsi per combattere qualcosa più grande di loro, ci si appassiona davvero alle loro storie. Si fa il tifo per loro.

Il ritmo è avvincente fin dall’inizio, è capace di farti scendere subito nell’azione. La trama è interessante e ben congeniata, gli intrecci si fanno seguire perfettamente senza affanni; non si perde mai il filo del pensiero dell’autore.
La lettura si fa veloce per sapere quello che succederà alla pagina seguente, non ci si fermerebbe mai perché Toscano ti trascina con forza nella sua storia.

Il finale lascia l’amaro in bocca, ma anche un filo di speranza.
Spero in una seconda parte perché certi personaggi meritano di continuare a vivere nelle pagine del libro…

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