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Ho sentito la tua voce in una conchiglia
L’acqua si impara dalla sete
La terra dagli oceani attraversati
La pace dai racconti di battagliaIn questa città tutto è illuminato
E fuori dalla stazione danze tribali, esplosioni
Cartoline, un bambino appena nato
Le sue mani sembrano stelle marine
Sembrano stelle marine
Sembrano stelle marine
Quando ho ascoltato la prima volta questa canzone, credo più o meno un mese fa, mi sono innamorato subito del testo. E della voce di Vasco Brondi.
Mi ha ricordato un’altra canzone, stavolta dei Modena City Ramblers: Ebano.
L’ho riascoltata subito almeno tre volte.
Volevo che il testo mi entrasse in testa, che mi passasse attraverso la pelle fino a raggiungere il cuore.
Perchè l’ho sentito subito che sarebbe dovuta finire lì. E in nessun altro posto.
Appena arrivato a casa ho cercato il testo e me la sono riascoltata ancora e ancora e ancora.
Anche adesso che scrivo la sto ascoltando.
Voglio che diventi la canzone del momento.
Dopo quello che è accaduto a Lampedusa non posso fare a meno di togliermi dalla testa questa parole: “un bambino appena nato
Le sue mani sembrano stelle marine”
Mi chiedo dove sia andata la nostra umanità, dove si sia persa in tutto questo parlare sulle reti sociali, in tutto questo urlarsi addosso e vomitarsi parole cattive e senza senso.
Mi chiedo dove l’uomo si sia andato a nascondere.
Dove è finita la compassione? Davvero.
E così, mentre questa canzone mi girava nella testa e nel cuore, succedeva che il 7 ottobre al largo di Lampedusa un barchino affondava e tra quei 12 corpi, quelle 12 persone, c’erano una donna che teneva stretto tra le braccia il suo bambino.
E il cuore si stringe. Non può farne a meno.
Come si fa a non commuoversi?
Come si fa a non pensare ai propri figli al sicuro nel loro letto?
Come si fa a non ringraziare di essere nati dalla parte giusta del Mondo?
Come si fa a non fermarsi prima di scrivere cose abominevoli sulla propria rete sociale?
Che fine ha fatto la misericordia? Eleos in greco.
Ci siamo già persi in un mondo che ci vede distaccati e freddi, attaccati ai propri interessi e ciechi difronte alla sfortune altrui.
Leggetevi l’intervista del Capitano Rodolfo Raiteri, che coordina le operazioni di recupero dei 12 corpi affondati assieme al barchino che avrebbe dovuto portarli in una terra, l’Europa, dove sarebbero stati meglio, dove sarebbero stati al sicuro.
Perchè è la solita storia che si ripete.
Come quando è morto Aylan Kurdi, il bimbo curdo che scappava assieme al padre e a suo fratello più grande da Kobane e tutti a vomitare le solite parole: se non partivano non sarebbero morti, un padre non mette a repentaglio la vita dei propri figli.
E certo. Un padre lascia morire i propri figli in casa, dove dovrebbero essere al sicuro. Chi non porterebbe, a costo della propria vita, i propri figli verso un futuro migliore? Verso un futuro?
O ancora quando in Messico Oscar Alberto Martinez e sua figlia di soli 23 mesi Angie Valeria sono stati trovati sulla sponda del Rio Grande mentre cercavano di raggiungere un posto migliore per vivere.
Abbracciati, anche loro.
Questi sono i padri che amano i loro figli, che farebbero di tutto per poterli veder crescere in un posto migliore. Dare loro un’opportunità che non avrebbero mai avuto.
E noi, da dietro i nostri monitor, davanti alle nostre tastiere riversiamo parole d’odio sui meno fortunati.
E se oggi sono i migranti (persone come noi) domani saranno i poveri di casa nostra, quelli che non arrivano a fine mese e che sono costretti a chiedere aiuto (se ne hanno la forza) se non costretti a rubare il pane.
Pensiamoci bene, quei poveri di domani potremmo essere noi.
Quando non avremo più nessuno accanto a noi, perchè ci siamo scavati attorno un fossato di odio e indifferenza, saremo quei poveri che odiamo tanto.
E così ascoltando questa canzone non ho potuto fare a meno di immaginare le manine di quel bimbo in fondo al mare come due piccole stelle marine.
E ripensare e ripensare alle parole del ritornello:
“Ho sentito la tua voce in una conchiglia
L’acqua si impara dalla sete
La terra dagli oceani attraversati
La pace dai racconti di battaglia”
Alle volte bisogna davvero far passare le cose sulla nostra pelle per sapere quanto fanno male, quanta disperazione possono procurarci.
Ci vuole l’esperienza dei fatti per sentire le cose dentro. Fino in fondo all’anima.
Ma altre volte basta davvero poco per potersi commuovere, potersi fermare un attimo e riflettere.
Mettersi nei panni di un’altra persona, che potremmo essere noi, non è così difficile.
Dovremmo esercitarci a farlo.
Dovrebbero insegnarlo a scuola.
E fare anche dei corsi sul posto di lavoro.
Dobbiamo immedesimarci nelle persone meno fortunate di noi.
Per capire quanto siamo fortunati.
Per capire quanto possiamo fare per farli stare meglio.
Non è buonismo.
E’ un dato di fatto.
Basta poco per aiutare.
Basta che le coscienze si smuovano. Si commuovano. E si mettano in moto per rendere il mondo un posto migliore. Sì, lo so, sono frasi fatte. Ma davvero basterebbe pensare un attimo cosa faremmo noi in quella situazione e non scriveremmo certe cose da nessuna parte.
Nemmeno su un foglio di carta da bruciare nel camino.
Prendetevi 3 minuti e 28 secondi per ascoltare la canzone de Le luci della centrale elettrica.
Fatelo per voi, fatelo per i vostri figli.